Barbapapà e i pentiti delle riforme

di Gaetano Pedullà

Figuriamoci se potremmo mai non dico criticare ma neppure contraddire un padre nobile del giornalismo italiano come Eugenio Scalfari. Ci sono macigni che però non si possono tenere sullo stomaco, se non a costo di violentarsi oltre ogni umana sopportazione. Il macigno nasce dal fatto che per decenni abbiamo visto in Repubblica il giornale di una certa forza riformista, nel tempo diventata capace di dare una nuova anima popolare e persino inglobare quell’area progressista ritrovatasi via via a corto di ideali e di idee. Merito di tutto questo era primo tra tutti di Scalfari. Quasi due anni fa, quando nacque La Notizia e non si immaginava nemmeno che Renzi sindaco di Firenze sarebbe diventato così rapidamente il premier, questo giornale aveva in prima pagina un’inchiesta sul volume d’affari occulto dei sindacati e l’esclusiva di un’indagine sugli sprechi del Cnel. Sindacati e Cnel, insieme per certi versi ai magistrati, e poi alle lobby e adesso alle Regioni, sono diventati bersagli del Governo Renzi. Segno che non è certo il nostro premier a inventarsi la sete di cambiamento che c’è nel Paese, ma al massimo ne è il più o meno condivisibile interprete. Questa sete era ed è il motivo di questo giornale, non molto diversamente da come era la molla per cui nasceva Repubblica. Adesso invece che succede? Chiaramente distante dalla linea del suo quotidiano, Scalfari ne dice di tutti i colori in ogni occasione su Renzi e la sua politica. E fin qui niente di male: la vita è fatta di simpatie e antipatie. Ma quando Barbapapà arriva a dire che l’attuale premier non è insostituibile (e questo è vero, anche se nella situazione data non è così facile trovarne un sostituto) perché ci sono sempre alternative per tutto, qui gli scappa davvero la mano e si avventura nel caso del Quirinale a citare Prodi, Letta e Veltroni. E buonanotte allo spirito riformista della Repubblica che fu. Perché Prodi, Letta e Veltroni sono stati, in forme tra l’altro molto diverse, protagonisti della vita politica italiana degli ultimi decenni. Adesso però basta! Questo Paese ha bisogno davvero di cambiamento, anche negli uomini. E vedere il padre nobile di un giornale che è stato simbolo del rinnovamento scavare così a fondo nel passato fa capire una volta di più che le forze della conservazione sono davvero dovunque. E in certa vecchia guardia, oggi molto più a sinistra che a destra, c’è il più grande ostacolo a cambiare verso a questo Paese. Un cambiamento – che Scalfari voglia o no – assolutamente necessario. Perché dal passato abbiamo ereditato non poche macerie. E sta a noi adesso decidere se costruirci pericolosamente sopra o spazzare il campo per provare più saggiamente a edificare su un terreno che non potrà mai essere altrettanto accidentato.