Barracuda. Appelli e richieste ai vip. Non tutti sono sempre riconoscenti con il pubblico, ma il successo si misura anche dalla disponibilità verso i fans

Dove inizia e dove finisce il dovere di mostrare riconoscenza nei confronti del proprio pubblico, dei fans, dei tifosi? Fin dove ci si deve spingere, se le richieste sono troppe e non sempre credibili?

Mi sono posta queste domande spesso, soprattutto dopo aver fatto da tramite, per la prima volta, fra una cantante e una mamma di una bambina affetta da una malattia rara che non le permetteva di parlare, di vedere, di interagire con il mondo circostante se non attraverso un miracolo: la musica. La sua musica, la sua voce, per di più.

Le dava benefici, la stimolava, la faceva sorridere perfino. Sebbene tanti medici alla nascita le avessero diagnosticato uno stato vegetativo e pochi mesi di vita. Ma lei, grazie all’ostinazione della sua dolcissima mamma, della famiglia, era riuscita a sopravvivere diversi anni.

L’artista ha rifiutato di incontrare la bambina e di trascorrere un po’ di tempo con lei, sebbene io garantissi per l’onestà e l’urgenza della piccola richiesta .

“Cerca di capire. Ho troppe richieste simili. Se dicessi di sì a tutti, non avrei più una vita”. Mi ha risposto.

La bambina non c’è più, purtroppo. E’ morta quasi due anni fa.

La mamma non ha mai saputo che io fossi riuscita a raggiungere la cantante. Era inutile darle un dispiacere o peggio ancora, una speranza. Del resto, quando si vive un dramma simile si incontrano millantatori e persone inaspettatamente generose. Ma soprattutto si impara a non aspettare più nulla dal prossimo.

Io invece ho provato rabbia. Perché questa cantante si mostra sempre disponibile, altruista, impegnata nel sociale. E messa alla prova ha declinato.

Poteva verificare consultando la pagina facebook della famiglia, dell’associazione. Poteva approfondire perdendo solo qualche minuto. Sono certa che non sarebbe rimasta indifferente.

Ma poi ho smesso di giudicare. Perché non sempre la gente mostra buon senso. Il rispetto del limite, del tempo e dello spazio altrui.

Continuamente assistiamo a richieste di selfie schizofrenici, mentre si mangia, si passeggia, si parla al telefono. C’è chi ha ricevuto richieste presuntuose di leggere manoscritti senza nemmeno presentarsi o fare introduzioni, come se tutto fosse dovuto.

Quindi, forse, ogni personaggio noto, esposto, ha dovuto porre dei limiti. Diventare impermeabile. Fare delle scelte. Magari dedicarsi ad opere di beneficenza selezionando personalmente la fonte.

Ieri tuttavia mi hanno inoltrato una lettera.

“Puoi far pervenire a Buffon questo appello?”

In teoria tutto è possibile. Raggiungere gli uffici stampa, le pagine social, i procuratori. Ma come riuscire a non essere invadenti e a impegnarsi pur non conoscendo le persone coinvolte direttamente?

Poi mi tornano in mente quei famosi cinque minuti di tempo per approfondire, perché io ho scelto di non essere impermeabile e leggo la storia del mittente del messaggio. Mi informo.

E ripenso alle parole di Joe Bastianich. Lui si ferma sempre, sempre con chiunque. Accetta di fare  selfie, di stringere mani di estranei. Anche mentre mangia, corre, lavora.

Io un giorno gli ho chiesto stupita: ma non ti stanchi mai?

Mi ha risposto dandomi una lezione: “stancarmi? E perché mai? Noi esistiamo grazie alla gente. Questo fa parte del nostro dovere.”

Ecco.

Forse la risposta più sincera che cercavo è contenuta nella sua ammissione. Ma è una qualità rara. E forse non molto italiana.