Basilico: “La magistratura non può sentirsi garantita da questa maggioranza politica”

Parla il consigliere del Csm, Marcello Basilico (Area): "La magistratura non può sentirsi garantita da questa maggioranza politica".

Basilico: “La magistratura non può sentirsi garantita da questa maggioranza politica”

Con l’elezione dell’avvocato Pinelli a vice presidente del Csm, sui si parla di “svolta epocale” perché per la prima volta il Consiglio sarà guidato dal Centrodestra. Marcello Basilico, consigliere del Csm in quota Area, secondo lei è davvero così?
“Io non credo che ci sia un cambiamento epocale, almeno non su questo aspetto. Del resto l’avvocato Pinelli si è sempre presentato come estraneo all’agone politico e non riferibile alla parte politica che lo ha indicato, ossia la Lega. Il cambiamento significativo che vedo – ma che nessuno sta sottolineando – è piuttosto nelle posizioni di Magistratura Indipendente che oggi ritiene di vedere in un vice presidente espressivo della cultura della maggioranza di Governo la migliore garanzia per la magistratura. È stata proprio Magistratura Indipendente in passato a identificare nell’Avvocatura, di cui fa parte il vicepresidente, la categoria non idonea a occuparsi del sistema giudiziario in maniera paritetica con i magistrati”.

Crede che Magistratura Indipendente abbia puntato su Pinelli per avere un nome vicino alle posizioni del governo?
“Evidentemente si. La parte prevalente della magistratura trova nella storia del professor Romboli, fatta di scritti sempre a difesa dell’assetto costituzionale della magistratura, il proprio baluardo sicuro. Ma c’è un’altra parte, invece, che ha preferito affidarsi a chi poteva garantirle una maggiore sintonia con il governo, in linea del resto con le scelte avvenute nella recente formazione della squadra ministeriale. Noi, chiaramente, non siamo d’accordo. Pur ribadendo la piena fiducia nelle intenzioni e nella capacità di mediazione dell’avvocato Pinelli, è evidente che per la magistratura c’è un problema di garanzia da parte della maggioranza di governo, sulla base delle sue reiterate dichiarazioni pubbliche, degli assetti costituzionali sulla giustizia e, dunque, dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge”.

Durante questa consiliatura il governo Meloni proverà a portare a casa la riforma della Giustizia di Carlo Nordio che viene avversata da molti magistrati. Che peso potrebbe avere un Csm a guida Centrodestra in questa partita?
“Guardi io voglio essere ottimista. La Costituzione assegna al Consiglio superiore della magistratura, anche per la sua formazione, un ruolo di difesa delle prerogative della magistratura e di conseguenza del cittadino. Quindi chi all’interno del Consiglio operasse in una direzione contraria, assecondando certi disegni riformatori, tradirebbe quello che è il mandato che ha ricevuto per rappresentare la magistratura e i cittadini all’interno di Palazzo dei Marescialli. In tal senso ritengo confortanti – e voglio sottolinearlo – i contenuti dell’intervento del neo vicepresidente Pinelli durante l’innaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione, con cui ha ribadito che il suo operato improntato alla volontà di rappresentare tutti i magistrati e le prerogative che la Costituzione riconosce loro nell’interesse dei cittadini”.

Questo è il primo Csm sorto dopo la riforma Cartabia. Tra gli obiettivi dell’ex ministra c’era quello di abbattere il sistema correntizio. A suo avviso il risultato è stato centrato o tutto è rimasto inalterato?
“Purtroppo, come noi stessi avevamo preconizzato già prima delle elezioni, era un obiettivo destinato al fallimento. In tal senso il dato è stato molto evidente perché hanno prevalso le correnti tradizionali. E che ciò sia vero lo si vede anche nell’elezione del vicepresidente dove c’è stata una spaccatura in due del Consiglio. Tuttavia va sottolineato che questa divisione fa emergere ancora una volta una divergenza di visione culturale molto chiara. Viene così confermata l’esistenza di due concezioni diverse del modo di fare e di essere magistrato e ciò in definitiva non fa che ribadire l’inevitabilità di una divisione in gruppi, purché la loro attività non vada mai a scadere in quelle degenerazioni cui abbiamo assistito nel passato recente”.

Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario il Primo presidente della Cassazione Curzio ha spiegato che la Giustizia è un settore complesso e che per riformarlo bisogna “rispettare i pilastri della Costituzione”. Parole che molti hanno immediatamente ricondotto alla discussa riforma di Nordio. Le sembra una ricostruzione verosimile?
“Francamente non credo che il riferimento del Presidente Curzio fosse diretto ad un intervento normativo specifico. A mio parere la sua è stata una riflessione ben più alta e rivolta ad un costume legislativo che spesso insegue un obiettivo politico dimenticando che ogni norma va calata in un contesto costituzionale e sovranazionale. Se non lo si fa, l’attività interpretativa può arrivare a travolgere l’efficacia di quella singola norma, provocando incertezze e imprevedibilità nelle decisioni. La sorte avuta dalle norme sui licenziamenti del Jobs act sotto i colpi della Corte costituzionale, tanto per farle un esempio, rappresenta un caso emblematico”.

Tra le proposte del ministro Nordio c’è l’intenzione di limitare l’uso delle intercettazioni, in quanto “ne vengono fatte troppe” e hanno costi esorbitanti, e la separazione delle carriere di berlusconiana memoria. Le piacciono queste proposte?
“In qualità di consigliere del Csm non posso esprimermi. Quel che posso dirle è che dobbiamo attendere i contenuti concreti dell’eventuale riforma perché le dichiarazioni, spesso legate alla necessità di generare consenso politico, lasciano il tempo che trovano. Non posso che rifarmi, come suo iscritto, ai moniti dell’Associazione nazionale magistrati che da un lato ha sempre espresso la volontà di fornire la massima collaborazione con l’esecutivo e il Parlamento in termini di proposte e suggerimenti, mentre dall’altro ha espresso critiche laddove è stato necessario”.