Benvenuti al Sud, dove è vietato anche ammalarsi. Non si fa prevenzione: ecco perché nel Mezzogiorno si muore prima

Una sanità a dir poco vergognosa con disuguaglianze sociali inaccettabili per un Paese civile e un’Italia che viaggia a due velocità sul fronte della salute

Una sanità a dir poco vergognosa con disuguaglianze sociali inaccettabili per un Paese civile, e un’Italia che viaggia ancora a due velocità sul fronte della salute. Ormai non è una novità che il nostro Sistema Sanitario pubblico, pur essendo uno dei migliori al mondo, da solo non ce la fa, ma quello che continua a stupire è come si possa morire di malattie oggi curabili solo perché le liste d’attesa per un esame ospedaliereo hanno tempi biblici e quelli privati costano troppo. Gli italiani persino sulla morte non sono tutti uguali, chi vive al Nord infatti sopravvive a tumori e patologie croniche,  chi ha avuto invece, la sfortuna di nascere al Sud deve farsi il segno della croce. L’ultima istantanea scattata dall’Osservatorio nazionale sulla salute fotografa una coperta sempre più corta sulla sanità italiana che in tutto il Mezzogiorno, ma in fondo allo stivale ancora di più, risente del fallimento del Servizio Sanitario Nazionale, anche nella sua ultima versione federalista, che non è riuscito a ridurre le differenze di spesa e dunque il gap tra Regione e Regione. Differenze che con il passare degli anni sono aumentate ancora di più.

Strategie visibili – La spesa sanitaria incide per oltre il 70 per cento sul bilancio delle Regioni, ma siccome la domanda aumenta la politica del risparmio taglia le prestazioni e aumenta il costo ticket a carico dei pazienti. E così succede che l’aspettativa di vita nella provincia di Trento è di oltre l’85 per cento, dato che però crolla in Campania, dove la speranza di vita alla nascita è la più bassa del Paese. Eppure chi risiede nel Mezzogiorno contribuisce al pari degli altri cittadini a finanziare il SSN attraverso le tasse, ricevendo in cambio meno servizi e di qualità peggiore. Dunque, rileva il Rapporto, dove la prevenzione funziona, la salute degli italiani è più al sicuro, con meno morti per tumori e malattie croniche come il diabete e l’ipertensione, anche per le strategie di diagnosi e per i trattamenti. Per quanto riguarda i tumori oggetto di programmi di screening, gli effetti dell’introduzione di misure efficaci di prevenzione secondaria sono visibili nelle aree del Paese dove si è iniziato prima e dove la copertura è ottimale. A Trento lo screening preventivo per il tumore del colon retto raggiunge una copertura del 72 per cento, mentre in Puglia la copertura degli screening preventivi per questo tumore arriva appena al 13. Questo anche perchè nel meridione una persona su quattro non ha soldi per pagarsi le cure e accedere a prestazioni private.

L’assitenza che non c’è – E la tendenza peggiora nel tempo, come ha spiegato Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio, secondo cui la soluzione sarebbe riorganizzare il Servizio Sanitario nelle aree che sono rimaste indietro con un’esperienza manageriale che selezioni le migliori competenze. Non solo. Siamo longevi ma invecchiamo male, sono tanti gli italiani non autosufficienti tra gli anziani: l’11 per cento degli ultra-sessantacinquenni non è in grado di svolgere le attività quotidiane in modo autonomo. Anche se rispetto a due anni fa è aumentata l’aspettativa di vita, i nostri anziani non godono di buona salute proprio perché non si investe abbastanza nella prevenzione. Basti pensare che una donna anziana in Svezia vive in cattive condizioni negli ultimi 5 anni di vita e un’italiana negli ultimi 16. Un problema che oltre alla salute mette a rischio anche i conti della sanità visto che oltre un italiano su cinque ha più di 65 anni e nel tempo il  dato è destinato ad aumentare. Quindi ci saranno seri problemi per garantire un’adeguata assistenza di base con il sistema pubblico. Insomma, nel nostro Paese ci sono le morti senza un perché e quelle con un perché che mette i brividi e suscita ancora più rabbia.