Berlusconi, Calenda & C. Il grande bluff del nucleare pulito. Che non ci salverà dal caro-bollette

Berlusconi, Calenda & C. Il grande bluff del nucleare pulito. Non dicono dove fare le centrali né dove mettere le scorie

Berlusconi, Calenda & C. Il grande bluff del nucleare pulito. Che non ci salverà dal caro-bollette

Sulla spinta della crisi energetica il refrain è per gran parte delle coalizioni in campo per le elezioni politiche del prossimo 25 settembre, sempre lo stesso: bisogna investire sul nucleare.

Basta d’altronde leggere i programmi dei vari partiti per capire di cosa parliamo. “Ricorso alla produzione energetica attraverso la creazione di impianti di ultima generazione senza veti e preconcetti, valutando anche il ricorso al nucleare pulito e sicuro”, si legge nel manifesto elettorale del centrodestra.

Ancora più corposo quanto scrive Carlo Calenda e la sua coalizione del Terzo polo, per cui “l’obiettivo ‘emissioni zero’ al 2050 passa da una forte elettrificazione degli usi di energia, con un fabbisogno elettrico tra il doppio e il triplo dell’attuale.

Per questo è necessario utilizzare il giusto mix di generazione, che includa rinnovabili e nucleare, impiegando le migliori tecnologie disponibili”.

Generare tutta l’energia elettrica necessario al 2050 con sole rinnovabili per Calenda e il centrodestra è impossibile e dunque bisogna ragionare anche di nucleare.

Ancora ieri a parlarne era non a caso Silvio Berlusconi secondo il quale “quando saremo al governo faremo partire immediatamente i rigassificatori, i termovalorizzatori, gli impianti per le energie rinnovabili, la ricerca per il nucleare pulito”.

Solito bla bla bla

Insomma, a sentire tanto la destra quanto i “draghiani” l’unico futuro possibile è quello del nucleare. È un tema, questo, su cui una netta opposizione è arrivata soltanto da Movimento cinque stelle e da Sinistra e Verdi Europei.

Anche il Pd in effetti – che a onor del vero non menziona affatto il nucleare nel suo programma elettorale – ha al suo interno fronde che sul tema non sono poi così in disaccordo.

In mezzo al caos di dichiarazioni resta una sola certezza: tutto il discorso relativo a questo tipo di energia è un grande bluff. Innanzitutto ogni riferimento al nucleare nasce ogni qual volta si parla di caro energia ed aumento di costo delle bollette.

Un problema reale e concreto, che tocca i cittadini tutti e su cui, inevitabilmente, è facile fare campagna elettorale.

Ma le due questioni sono profondamente slegate dato che una centrale nucleare
non si costruirebbe in una manciata di mesi e non risolverebbe, dunque, il tema della stangata in arrivo con le prossime bollette.

Altro tema di cui nessun politico parla – anzi si tengono ben distanti dal farlo – è legato ai territori: dove si dovrebbero costruire le suddette centrali? Nessuno lo dice e, per meglio dire, nessuno ne ha idea.

E così ci ritroviamo sempre dinanzi al grosso paradosso tutto italiota: si devono fare le centrali nucleari ma – ci mancherebbe – lontano dal territorio del mio elettorato. Altrimenti – ecco la torsione inaspettata – ecco che chi è favorevole diventa in un attimo contrario.

Ma il grande bluff non è finito. Per quanto sul fronte delle emissioni di gas serra il nucleare possa essere considerato una fonte più pulita rispetto ai combustibili fossili, la sua possibile inclusione nel novero delle rinnovabili ha scatenato più di una reazione contraria.

Non solo perché non sono stati risolti i problemi di sicurezza e di smaltimento delle scorie, ma anche e soprattutto perché il suo “rilancio mediatico” è stato improntato su tecnologie nucleari che di fatto oggi non esistono.

E questo perché ad oggi l’unico procedimento di produzione energetica è quella della fissione nucleare e non della fusione che non produrrebbe scorie ma che di fatto esiste solo in teoria.

La vera alternativa

E allora quale sarebbe la via da percorrere? La vera e unica strada che il nostro Paese deve intraprendere è quella dello sviluppo delle rinnovabili, dell’efficienza e dell’innovazione tecnologica. Ci sarebbe margine. Anzi, c’era anche la volontà considerando che era stato addirittura istituito un ministero ad hoc, quello della Transizione ecologica, appunto. Ma il lavoro di Roberto Cingolani ha scontentato molti. La ragione? La mancanza di una strategia vera. Un esempio chiarificatore su tutti: in un anno e mezzo il governo avrebbe dovuto e potuto aggiornare il Pniec, il Piano mazionale integrato energia e clima, che oggi è vecchio e inutile considerando gli obiettivi europei, specie sulla decarbonizzazione (prevista entro il 2050, ndr). E invece troppi provvedimenti, compreso questo, restano al palo. Eccola l’agenda Draghi: parole quante se ne vuole, ma i fatti dicono altro.