Certo, i sondaggi non risolvono, però aiutano a comprendere, a decifrare i messaggi in codice che la politica manda con la stessa ciclicità di un alfabeto Morse. E siccome oggi il gran giorno, o semplicemente il giorno, dell’incontro fra il leader della Lega, Matteo Salvini, e l’ex Cavaliere Silvio Berlusconi, due numeri possono servire, anche perché nelle ultime 48 è stato un continuo sfornare previsioni elettorali. Vero o verosimili che siano questi test, sta di fatto che sono molto importanti per il Pd e, in particolare, per Matteo Renzi. Il primo, realizzato da Demetra per l’istituto Demos del politologo Ilvo Diamanti e pubblicato dal quotidiano La Repubblica, dà il Pd al 32,2%, i Cinque Stelle al 26,1, Forza Italia al 14,2, la Lega al 14. Le forze minori, Sel (5,2), Area popolare (3,5) e Fratelli d’Italia (3,3) supererebbero tutte lo sbarramento del 3% previsto dall’Italicum. Lo stesso sondaggio assegna a Renzi e al suo governo un gradimento del 39%, superiore a quello del Pd, ma non di molto. Quanto ai leader, Renzi raccoglie il 41% tallonato (37) da Matteo Salvini. Beppe Grillo si colloca al 31, Giorgia Meloni al 30. A sinistra emerge il segretario della Fiom Maurizio Landini (28%). E questo è un serio problema per Renzi. L’Ipsos di Nando Pagnoncelli, che elabora le risposte, per il Corriere della Sera, non offre grandi variazioni. Il Pd è quotato al 31,5%, i Cinque Stelle al 27,5, la Lega al 14,7, Forza Italia al 12,4, e anche in questo caso Sel, Area popolare e FdI supererebbero lo sbarramento. Il senso di questi due sondaggi è evidente. Il Pd continua la sua discesa rispetto al boom (40,8%) delle Europee. Egualmente continua la parabola discendente Renzi che un anno fa vantava un consenso personale intorno al 60%. Questo conferma che Renzi e il suo partito stanno perdendo al centro e nel ceto medio. Ecco perché il vertice di oggi è particolarmente importante. Al di là del proclama di facciata, “uniti si vince” ribadendo una banale ovvietà, ciò che conta è capire se davvero fra i due può esserci un fidanzamento o un semplicemente annusamento. Stando alle parole di Berlusconi la prima ipotesi sembra prevalere sulla prima: niente Nazareno Due o nazarenini in scala, ha sottolineato nell’intervista al Giornale. Toni e tempistica sono fondamentali perché offrono a Salvini un punto di partenza ben preciso, dal quale non potrà prescindere. La Lega non più Padana ma italiana (Umberto Bossi e Roberto Calderoli, a Pontid sono sembri pezzi da Museo delle cere), da sola, rischia di non sfondare al centro. Per farlo ha bisogno di forza Italia, che mantiene un forte grip su quell’elettorato intimamente democristiano che vuole la politica dei piccoli passi. Le grandi falcate di Renzi stanno iniziando a far paura tanto a desta quanto a sinistra, risultando indefinite nel loro obiettivo e indigeste nello spreco di energie. Tanto che lo spettro delle urne inizia a prendere corpo. “Temo che non potrò essere io, qua c’è Renzi che traballa. Me lo chiedono in tanti però, oggi come oggi è difficile perché penso che l’anno prossimo si vada a votare a livello nazionale”, dice il segretario federale della Lega Nord sull’ipotesi di una sua candidatura a sindaco di Milano. E allora Maurizio Lupi candidato del centrodestra? “In questo momento Lupi sta con il governo Renzi”, sottolinea Salvini. Come parte non come componente. E anche questo darà un tema del vertice. Che punta a ridare al centrodestra un punto chiaro di riferimento. Sempre che lo schema di gioco, Salvini al centro e Berlusconi mister, vada bene a tutti.
Leggi anche
Miele sì, ma senza pace. Al mercato il mix è illegale
15/10/2024 23:56
Egemonia inculturale
15/10/2024 23:56
L’Europa si spopola mentre Bruxelles accelera sui rimpatri
15/10/2024 23:43