Boccia mette in riga le Regioni. Confermate le zone rosse. I parametri di rischio restano 21 fino al 3 dicembre. Oggi si decide su altre aree critiche, tra cui la Puglia

Ore cruciali per le nuove zone rosse. A confermare una nuova possibile classificazione è il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia: “Non escludo che possano esserci altre regioni rosse, dipenderà dalle azioni di monitoraggio che vengono fatte”. Ma se per il passaggio nelle zone rosse si deciderà dati alla mano entro oggi (rischia la Puglia), sarà decisamente più graduale quello inverso, dalle rosse alle arancioni, richiesto dalla Lombardia e dal Piemonte. Il governatore del Pirellone ha dichiarato di aver avuto “due incontri con sindaci comuni capoluogo e presidenti province per una valutazione della situazione. Abbiamo deciso di continuare questa battaglia in maniera unitaria, di non fare richieste di differenziazione territoriali”.

C’è da dire, però, che nel caso della Lombardia ci sono dati ed opinioni discordanti. Da un lato proprio il governatore Attilio Fontana ieri si è detto ottimista dei dati relativi ai ricoveri nella regione: “Per la prima volta dall’inizio della nuova ondata – ha scritto sui social – il totale dei ricoveri ha segno negativo, -32. Un nuovo piccolo segnale di miglioramento – lo definisce -. I numeri non sono alti come l’ondata che abbiamo affrontato a marzo, ma i nostri ospedali si stanno occupando con enorme impegno di 8.291 persone ricoverate e 915 pazienti in terapia intensiva – conclude Fontana -. Consolidare il segno meno su questi due numeri è la nostra assoluta priorità: cautela, distanziamento e mascherine”.

Di parere totalmente diverso i medici d’urgenza e rianimatori degli ospedali San Carlo e San Paolo di Milano che hanno scritto una lettera denuncia che rappresenta una situazione a dir poco drammatica. “Con 350 pazienti, pronti soccorso presi d’assalto, pazienti collocati sulle barelle in sala d’attesa trasformate in sala visita, assunzioni insufficienti di nuovo personale, siamo costretti a fare scelte eticamente e moralmente intollerabili. Contro la nostra volontà e, soprattutto, contro la nostra coscienza umana e professionale”. Nonostante negli ultimi giorni siano calati gli accessi ai pronti soccorso, dal punto di vista di chi lavora in trincea la situazione non è cambiata. Tanto che – scrivono medici e rianimatori firmatari della lettera – “ci vediamo forzati a dilazionare l’accesso a terapie e tecniche potenzialmente curative (intubazione orotracheale e ventilazione non invasiva) e non poter trattare tempestivamente, con adeguata assistenza e in ambiente appropriato tutti i pazienti che ne potrebbero beneficiare”.

Un’emergenza che in realtà nasce prima del Coronavirus. L’insufficienza di personale medico, infermieristico e ausiliario, “specialmente di area critica, non è stata neppure lontanamente colmata da personale assunto ad hoc, introdotto in reparti altamente specializzati”. Sul tavolo tra Governo e Regioni c’è anche la modifica dei parametri secondo i quali vengono classificate le regioni. Non più 21 come sono attualmente, ma i governatori ne vorrebbero cinque. “Fino al 3 dicembre non è in discussione il cambiamento dei parametri. – fa sapere Boccia -. C’è un Dpcm in vigore fino a quella data e il confronto in corso servirà a prendere ulteriori decisioni in vista del Dpcm successivo. I presidenti di Regione – ha aggiunto Boccia – possono chiudere e attuare misure restrittive e penso che, se sono d’intesa con il ministro della Salute, sia dovere dello Stato garantire ristori per quelle aree in cui i presidenti di Regione anticipano eventuali decisioni legittimate dal modello”.

Fontana ad ogni modo, riscontra “anche da parte del Governo la piena volontà di continuare questo confronto. Se riusciamo a essere efficienti nella battaglia al virus è chiaro che ci sarà un miglioramento delle limitazioni poste, il Governo ha dato la massima disponibilità ad affrontare ogni tipo di questione”.