Bocciati i passaporti sanitari e altre invenzioni. L’Italia riparte da domani. Malgrado le follie delle regioni

C’è chi annuncia controlli in stazioni e aeroporti con il contact tracing che ancora non c’è, chi chiederà un’autocertificazione, chi pensa ad un bonus per chi si sottoporrà ai test sierologici, chi lancia la App regionale, tutto rigorosamente su base volontaria: con l’avvicinarsi della fine dei divieti di spostamento e la possibilità di circolare liberamente in tutta Italia, le Regioni continuano a procedere in ordine sparso per cercare di limitare il rischio di nuovi contagi nei propri territori senza però arrivare allo scontro frontale con il governo, dopo la conferma che il 3 giugno si riparte tutti insieme. Nessun presidente, nonostante le dichiarazioni e le minacce, al momento ha emesso ordinanze in contrasto con la decisione dell’esecutivo. E il perché è abbastanza chiaro: ogni provvedimento che prevedesse patenti sanitarie, quarantene obbligatorie o altre misure in contrasto con quelle nazionali, sarebbe immediatamente impugnato.

LA GIORNATA. Non mancano, però, tensioni. E la giornata di ieri, anche su questo, è stata emblematica. A far discutere è stato il passaporto sanitario per i turisti proposto dal governatore della Sardegna, Christian Solinas (nella foto), che ha ricevuto bocciature a raffica, non solo dal governo che ha definito “incostituzionale” l’ipotesi sarda. E dal viceministro della Salute Pierpaolo Sileri che ha ribadito potrebbe funzionare solo su base volontaria. A dirsi contrari sono anche il presidente leghista del Veneto, Luca Zaia, e quello dem dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che è anche presidente della Conferenza delle Regioni. E anche da Regione Lombardia parlano di una “fotografia che non dà garanzie”. Mentre per Luca Richeldi, pneumologo e membro del Comitato scientifico, si tratta di un “discorso che secondo me sarebbe proprio da abbandonare completamente perché non ha senso”.

IL 3 È ARRIVATO. A stupire, però, è soprattutto la bocciatura del “compagno” leghista Zaia. “Io capisco le perplessità e le preoccupazioni di Solinas che governa un territorio che è un’isola”, premette il governatore del Veneto. “Però bisogna guardare la realtà in faccia, non bisogna essere ipocriti – dice – Il tampone è una foto istantanea, non ci dà alcuna tranquillità, non dà garanzie”. Per Bonaccini, invece, Solinas ha “prospettato una cosa impraticabile”. Il passaporto sanitario, specifica, “è ingestibile e impraticabile”. “Il nostro è un Paese diverso, fatto di tante componenti con regioni così differenti, sia per colore politico che per diffusione del virus – aggiunge Bonaccini sull’ipotesi di test sierologici che attestino la negatività – ma mi sembra che la fase dell’emergenza sia stata gestita tutto sommato bene, in una pandemia così drammatica”.

Anche per l’assessore lombardo alla Salute, Giulio Gallera, non esistono garanzie: “Non si può parlare di passaporto sanitario anche perché ricordiamoci che il test ematico sierologico riguarda soltanto una fotografia – ha osservato – Poi magari puoi ancora averla in corso, ma è un dato che racconta quello che tu sei stato, poi va approfondito con un tampone che è la fotografia di un momento. Se io faccio un tampone e poi salgo su un traghetto posso reinfettarmi in quel momento. Non c’è nessuno tipo di garanzia che può dare il test diagnostico o addirittura epidemiologico. Quindi il passaporto sanitario è uno strumento che non ha nessun fondamento come evidenziato dal Ministero e da tutti gli esperti”. Il 3 giugno si avvicina. Le Regioni sono pronte per riaprire. Forse Solinas un po’ meno.