Bonafede non fa sconti ai boss. Revocati i domiciliari a La Rocca. Il capoclan liberato nei primi giorni del Covid. Ora torna in cella per il decreto del ministro

Alla faccia di chi dice il contrario, uno dopo l’altro tutti i boss scarcerati durante l’emergenza Covid-19 stanno tornando in cella. Proprio ieri, sulla base dei decreti voluti dal guardasigilli Alfonso Bonafede, anche Francesco La Rocca, storico capo dell’omonimo clan di Caltagirone e legato alla potente famiglia dei Santapaola, è tornato in carcere. Non si tratta di un nome di secondo piano, al contrario è uno dei maggiori esponenti di Cosa nostra tanto che, negli anni, si è alleato con la frangia stragista dei corleonesi di Totò Riina. Una storia criminale, quella di La Rocca, iniziata nel 1956 quando è avvenuto il suo battesimo mafioso con l’arcaico rito di affiliazione della pungiunta. Da quel momento, l’uomo ha iniziato la sua scalata e imponendosi come punto di riferimento di Cosa nostra tanto che, dopo aver appoggiato Riina, si è schierato anche al fianco di Bernardo Provenzano.

Un rapporto, questo, confermato da alcuni pizzini trovati nel covo del super boss in cui veniva citato La Rocca. Negli anni l’uomo è stato più volte arrestato, l’ultima di queste nel 2005, ed è stato ritenuto responsabile di diversi omicidi per i quali è stato condannato all’ergastolo. Tutte ragioni per le quali l’anziano padrino è finito sin da subito nella lista, preparata dal vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Roberto Tartaglia, dei mafiosi più pericolosi tornati in libertà durante il Covid. Proprio per questo, già a giugno e conformemente alle norme varate dal ministro Bonafede, La Rocca è finito nel mirino del Dap che aveva individuato una struttura protetta dove potere trasferire l’ergastolano.

POLEMICHE E FAKE NEWS. A questo punto c’è da chiedersi che fine faranno tutti quelli che, ad inizio settimana e non sapendo più su cosa polemizzare, sono tornati alla carica del guardasigilli ribadendo vecchi slogan e affermando che le misure messe in campo sono state fallimentari. Addirittura la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, il 3 settembre ha detto che “il sommo scarceratore di boss Bonafede aveva giurato che dopo averli liberati li avrebbe riportati uno ad uno in galera, ma era una colossale menzogna”. Tralasciando la fake news sulla responsabilità del guardasigilli nella concessione dei domiciliari, attività questa che compete esclusivamente alla magistratura che decide in completa autonomia, sembra davvero impossibile da negare come proprio grazie ai decreti dei mesi scorsi, quelli bollati come inefficienti, le cose stiano lentamente tornando alla normalità.