Boom di produzioni esterne in Rai. E molti assunti non sanno cosa fare. Oltre 5mila le ore di trasmissione appaltate a terzi. Con altri costi che si aggiungono a quelli del personale

Tra Consiglio di amministrazione, dirigenti e direttori di rete tutti sono concordi su un punto: per troppo tempo ci si è affidati ad esterni, è ora di puntare sulle maestranze e sul personale interno. Come si sa, però, la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzione. È dunque necessario affiancare all’impegno un passo concreto, azioni mirate e propositive. Ad oggi, però, ancora tanto dev’essere fatto come riconosciuto dalla stessa Rai in risposta ad un’interrogazione presentata in Commissione Vigilanza Rai dal leghista Massimiliano Capitanio. Secondo i dati forniti da Viale Mazzini, “RaiUno dedica alla produzione esterna il 24,6% delle ore di prima trasmissione (1.823 ore rispetto ad un totale netto di 7.424 ore), RaiDue dedica il 26.21% (2.158 ore rispetto ad un totale netto di 8.237 ore), mentre Rai Tre dedica alla produzione esterna il 14,66% di ore (953 ore rispetto ad un totale netto di 6.505 ore)”. Dati interessanti che, se sommati, portano ad oltre 5mila ore realizzate da società esterne.

“Si tratta di valori – specifica però la Rai nella risposta visionata dal nostro giornale – in linea con quelli delle altre emittenti pubbliche straniere soprattutto se si considera che BBC destina ai produttori indipendenti il 50% delle ore prodotte”. Sarà anche vero ma resta un dato decisamente alto per un’azienda che continua a dire di voler puntare sulle maestranze interne. Ma c’è di più. Nella sua interrogazione Capitanio chiede anche quali siano le società che, nell’ultimo anno disponibile, hanno lavorato con la Tv pubblica. L’elenco non è di poco conto: 35 società – da Freemantle a Magnolia passando per Palomar, Bibì e Ballandi Multimedia – “per un valore complessivo superiore a 1 milione di euro”. Ed anche qui c’è da fare una precisazione.

Il leghista, infatti, nel suo atto parlamentare aveva chiesto anche quali fossero i contratti in essere, ma a riguardo Viale Mazzini ha fatto sapere che “tenuto conto della estrema complessità della questione (basti pensare, a titolo di esempio, a tutti i contratti stipulati da Rai i cui diritti non siano al momento)” si può al massimo, per l’appunto, fornire i dati relativi al 2018. Nella sua interrogazione Capitanio chiede chiarimenti anche sui contratti tra Rai e la società di produzione Stand By Me (considerata, almeno in passato, molto vicina a Matteo Renzi, per il quale ha curato la campagna per il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016). Il dubbio del leghista è presto svelato: nel curriculum dell’amministratore delegato Fabrizio Salini spunta proprio quella società per cui ha ricoperto il ruolo di direttore generale. In effetti nel corso degli anni non sono pochi i prodotti realizzati dalla società di Simona Ercolani: 33 opere dal 2014 al 2019.

Ma, dispiace per il Carroccio, nessun clamoroso conflitto d’interesi: “l’attività contrattuale sopra sintetizzata si è tradotta, sotto il profilo economico, in valori che mettono in evidenza per il 2019 – risponde Viale Mazzini – un dato inferiore a quelli degli anni precedenti, nella misura rispettivamente di oltre il 40% in confronto con il solo 2018 e di quasi il 25% rispetto al triennio 2016-2018”. Insomma, Stand By Me lavorava con Viale Mazzini molto di più quando non c’era Salini a lavorare in azienda. Al di là del dubbio leghista, resta il punto: per valorizzare le maestranze interne bisogna cominciare anche a produrre opere interne alla Rai. E così dipendere il meno possibile dall’esterno.