Buonuscite che gridano vendetta

di Gaetano Pedullà

Più perdi, più guadagni. In quest’Italia al contrario, la storia che sta uscendo a latere della telefonata sbagliata del ministro Cancellieri alla compagna di Salvatore Ligresti, ci riporta a una vergogna persino più grande di un guardasigilli che promette di intercedere per una persona amica finita in galera. La vergogna, sotto gli occhi di tutti ma raccontata il minimo possibile dai grandi giornali, è quella delle buonuscite milionarie pagate da aziende pubbliche o da imprese quotate in Borsa, alla faccia dei contribuenti nel primo caso e degli azionisti nel secondo. È la figlia di Ligresti, Giulia, la stessa per la quale il ministro Cancellieri avrebbe dovuto attivarsi, che in una conversazione finita anche questa volta sui giornali rivela l’assurdità della somma – cinque milioni di euro – liquidata a Piergiorgio Peluso (figlio della Cancellieri) come buonuscita dal Gruppo Fondiaria Sai, dopo appena un anno di lavoro e a fronte di risultati industriali disastrosi. Ecco, di casi Peluso ce ne sono tantissimi, con vicende che gridano vendetta, a partire dai 44 milioni liquidati da Unicredit a Profumo, nonostante l’ingente perdita di valore registrato dalla banca, costretta persino a ricapitalizzarsi per restare sul mercato. Milioni su milioni, come se piovesse, incassati da banchieri, amministratori delegati, boiardi di Stato, nonostante gestioni assolutamente fallimentari. Il caso di studio è quello di Giancarlo Cimoli, uscito prima dalle Ferrovie in profondo rosso con 6 milioni di euro e poi dall’Alitalia, letteralmente schiantata, con una cifra che non si è mai conosciuta, ma che oscilla tra i 3 e gli 8 milioni di euro. Perché a questa gente (vedi il servizio del nostro Stefano Sansonetti all’interno), anziché un calcio nel sedere, si danno tanti soldi? Perché i giornali parlano così poco di questo scandaloso andazzo? Forse qualcuno teme che raccontino segreti inconfessabili. E allora vai con gli assegni. Anche a costo di inventare storie come quella dell’ex ad della Popolare di Milano, Piero Luigi Montani, che in un Paese serio dovrebbero far scattare quantomeno la curiosità di un’Authority come la Consob (l’autorità che vigila sui mercati finanziari). Montani due giorni fa ha lasciato la Bpm per andare a guidare Banca Carige. Prima di chiudere la porta si è però ricordato che a Milano non lo facevano lavorare sereno e così ha chiesto due milioni. Una storia che sa di liquidazione travestita da finto risarcimento. Alla faccia degli azionisti.