Buttafuoco assolve la meretrice. Lo scrittore riscopre la storia di Artemisia. In un mix di gesta eroiche e tragiche violenze

Lo scrittore siciliano, Pietrangelo Buttafuoco, per Skira ha elaborato il libro “La notte tu mi fai impazzire. Gesta erotiche di Agostino Tassi, pittore”,

Metti insieme talenti del calibro di Pietrangelo Buttafuoco, Roberto D’Agostino e Vittorio Sgarbi una sera a Roma, a Palazzo Braschi, per parlare di arte. Il merito è dello scrittore siciliano, che per Skira ha elaborato il libro “La notte tu mi fai impazzire. Gesta erotiche di Agostino Tassi, pittore”, dove però si parla di Artemisia Gentileschi, artista al centro dell’attenzione del Museo di Roma con una straordinaria mostra allestita al primo piano.

Il racconto – Buttafuoco, da par suo, illustra con dovizia di particolare, e sapienza linguistica, una storia seicentesca: “È una scrofa, Artemisia. È nota in tutta Roma come la ‘colorara’. Se la fa con detto ‘Geronimo’, ovvero Girolamo Modenese. Se lo chiama in casa quando Orazio Gentileschi, il padre, l’artista conosciuto in tutta Roma, non c’è. Tutti gli sguardi, tutti i sorrisi, tutte le finte tra lei e Geronimo giocate per strada nel nascondino del corteggiamento si sciolgono, infine, al riparo delle mura domestiche. E lì i due fanno tutto un toccarsi”. Il sesso è padrone delle pagine, in un’atmosfera contagiata da un periodare intimista: “Chi non fa niente, non sbaglia niente. Agostino sente Artemisia come un appetito. Non fa niente, non dice niente ma la sente in gola. L’idea di lei gli squaglia il sangue. Se la prendono tutti, però, e non lui. Se la passano, se la girano. Questo pensa, il Tassi. Senza però fare niente per afferrarsela. È la figlia di un amico, lo sa. Tuttavia la natura non ha freni: a braccio dritto, ogni diritto. E però, niente”. Violenze, tragiche vicende di brutalità mentre intorno echeggia la passione artistica: scene contraddittorie, apparentemente, che restituiscono un’umanità, anche se torbida. Ecco così il ritratto di un essere abominevole: “Non conosce che lupanari, Agostino. Di ogni donna, sotto i suoi colpi, ne fa una puttana. Non ama che una sola meretrice, infatti, il Tassi. Ed è sua moglie, la femmina di cui attende l’uccisione per liberarsene e disincagliarsi dall’ossessione che lo arrossa nei pensieri e in ogni sua minuta vena. Tra le pulzelle del suo estenuante sabba – fosse anche nel fugace beccare nottetempo degli angiporti – Agostino cerca sempre la stessa. È la titolare di un budello, il buco di carne e pelo, in cui lui fa sempre lo stesso rogo per abbruciarvi la ferita mai cauterizzata del suo dolore”.

Applausi – L’autore sottolinea che Artemisia, “la ragazza, desiderata da tutti, anche dai birri che si prendono ogni libertà durante gli interrogatori pizzicandone i fianchi e toccandone ‘le mammelli’, è ormai una donna pubblica. Cammina per le strade della città e ogni donna, dalle finestre, non esita a svuotarle i pitali addosso. Artemisia, costretta a camminare nascondendosi è inseguita dalle ingiurie e dallo scherno di chiunque, perfino dei ragazzini aizzati dai vecchioni”. Artemisia? “E’ nella gloria degli spiriti massimi”, come dice Buttafuoco. E la mostra allestita a Palazzo Braschi è una conferma delle grandi aspettative che c’erano intorno all’evento. Con D’Agostino e Sgarbi pronti ad applaudire.