Buttiamo miliardi in armi, ma nelle scuole si muore di freddo

Istituti vecchi e scarsa manutenzione, dal Piemonte alla Sicilia nelle scuole si muore di freddo mentre buttiamo miliardi in armi.

Buttiamo miliardi in armi, ma nelle scuole si muore di freddo

Ieri, solo per citare un caso, è accaduto in un liceo della provincia di Pordenone: alle 10 il termometro nelle aule segnava 13 gradi e di fronte alla prospettiva di passare in quell’aula altre sette ore gli studenti hanno deciso di lanciare un messaggio inequivocabile abbandonando le lezioni. Le altre classi in segno di solidarietà hanno deciso di proclamare un giorno di sciopero. La dirigente scolastica non ha potuto fare altro che rilasciare un’intervista al giornale locale in cui si augura che i caloriferi si accendano e la protesta si spenga.

Da Nord al Sud, le scuole al gelo

Secondo un recente sondaggio del sito specializzato skuola.net più di uno studente su due, complessivamente, si è lamentato per un ambiente scolastico in cui si registra un clima inadatto per poter svolgere serenamente le lezioni. Tanto che molti lasciano sulle spalle il cappotto, quando non arrivano a portarsi da casa il plaid. Per il 28 per cento degli studenti l motivo di tali problemi sarebbe da rintracciare nella scarsa tenuta termica degli edifici. Non è di certo una coincidenza che quasi sei strutture scolastiche ogni dieci su tutto il territorio stiano per compiere 50 anni.

All’Istituto Verga di Modica, in provincia di Ragusa, per ovviare al malfunzionamento dei termosifoni gli studenti si sono armati di coperte e scaldamani. Negli ultimi giorni al gelo s’è però aggiunta la pioggia che filtra dal soffitto e ha reso inagibili alcune aule. A Palermo nei giorni scorsi gli studenti dell’Istituto Tecnico Economico Marco Polo hanno deciso di occupare la scuola, per denunciare le temperature insostenibili che si protraggono costanti dal rientro dalle vacanze natalizie. A San Donà, in Veneto, nell’Istituto di Ragioneria Alberti hanno deciso di affidarsi ai cerotti riscaldanti perché secondo studenti e genitori le rotture della caldaia sono ormai croniche.

Quando non ci sono guasti il freddo è provocato dalle ristrettezze economiche, come nelle favole di Andersen: all’Istituto professionale Marconi del comune aretino di San Giovanni Valdarno il riscaldamento si accende il più tardi possibile perché – dicono i tecnici – le riserve di gasolio sono limitate. Cristina Costarelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio, intervistata sulla questione, spiega che il freddo nelle scuole si lega alle strutture scolastiche ormai datate, alla difficoltà di manutenzione e alle esigenze di risparmio economico. I dirigenti scolastici possono gare poco di fronte a impianti vetusti e a cavilli burocratici. Qualche giorno fa nna dirigente scolastica di un istituto di Torino illustrava parlando con La Stampa i suoi sforzi quotidiani nel documentare le condizioni di freddo e nell’invocare interventi risolutivi. La problematica si scontra con la burocrazia e le competenze degli enti locali. La Consulta degli Studenti sottolinea la disparità di trattamento tra la mancanza di fondi per la scuola e le spese per la guerra e gli armamenti, evidenziando un problema di priorità nell’allocazione delle risorse.

Il piatto piange

Gli uffici scolastici regionali addossano le responsabilità agli enti locali che a loro volta lamentano scarsità di fondi dal governo nazionale. La normativa attuale (D.Lgs. 81/08) non fissa assolutamente dei valori di temperatura né minimi, né massimi, per le scuole. Si fa riferimento ad altre fonti tecniche complesse che devono essere adattate all’ambiente scolastico con le dovute valutazioni che si dovranno effettuare a partire dal documento interno della valutazione dei rischi. Ma intanto a scuola si gela e i soldi che dovrebbero arrivare con il Pnrr, avvisano i dirigenti scolastici, saranno comunque insufficienti.