Buzzi fa lo sciopero della fame. L’imputato vuole lo svuotacarceri. L’ex ras delle coop rischia una condanna a 12 anni. E adesso aderisce all’iniziativa umanitaria dei radicali

Buzzi fa lo sciopero della fame. L’imputato vuole lo svuotacarceri. L’ex ras delle coop rischia una condanna a 12 anni. E adesso aderisce all’iniziativa umanitaria dei radicali

Rosso, in affari con i neri e ora vicino anche alle battaglie radicali. Salvatore Buzzi sta diventando quasi un simbolo della politica bipartisan. Indossati ormai i panni dell’opinionista, tra una comparsata in tv e un’intervista, quello che è ancora uno dei principali imputati nell’inchiesta sul “Mondo di Mezzo”, da quando la Cassazione ha tolto la parola mafia a Mafia Capitale ed è uscito dal carcere è irrefrenabile. E ieri, con il processo d’appello bis in corso per rideterminare le pene ad alcuni imputati tra cui lui, l’ex ras della Coop 29 Giugno ha annunciato di aver aderito allo sciopero della fame promosso dalla radicale Rita Bernardini per ottenere uno svuotacarceri.

L’ANNUNCIO. “Da oggi ho ripreso lo sciopero della fame a tempo indeterminato a sostegno della lotta intrapresa dal 7 gennaio da Rita Bernardini per decongestionare le carceri”, ha scritto Buzzi su Facebook. Ha quindi aggiunto che la proposta sostenuta è quella dell’ampliamento della liberazione anticipata da 90 a 150 giorni l’anno, misura già in vigore negli anni 2010/2015 e “che servì a decongestionare le carceri dopo la sentenza Torreggiani della Cedu che aveva condannato l’Italia per il sovraffollamento carcerario”.

L’imputato ha poi specificato che tale misura è scaduta al 31 dicembre 2015 e da allora il numero dei detenuti è continuato a crescere rendendo la vita in carcere estremamente precaria per via della pandemia Covid”. “Chiediamo – ha concluso Buzzi – la sospensione del comma 925 della legge Finanziaria che prevede l’assunzione di 1.080 persone per velocizzare l’iter dell’emissione di ben 50.000 ordini di carcerazioni per sentenze passate in giudicato”.

IL CURRICULUM. Una lezione sulla gestione del sistema delle carceri in emergenza Covid tenuta da un uomo che, dopo una lite su assegni rubati alla banca dove lavorava, il 26 giugno 1980 uccise a Roma, con 34 coltellate, il suo complice, Giovanni Gargano, di 20 anni. Lo stesso che, condannato a 30 anni per omicidio volontario e considerato a Rebibbia un detenuto modello, quattro anni dopo organizzò un convegno sulla condizione delle carceri in Italia a cui presero parte anche l’allora presidente della Commmissione giustizia, Giuliano Vassalli, e l’allora presidente della Commissione per la riforma costituzionale, Aldo Bozzi, chiedendo già allora, con una condanna pesante appunto da scontare, l’applicazione della legge di riforma carceraria, con misure alternative alla detenzione.

E iniziative del genere le portò avanti dopo che, nel marzo 1986, ottenne una riduzione della pena a 14 anni e 8 mesi di reclusione. Buzzi però è poi pure quello che, tra uno sconto e l’altro, nel novembre del 1992 ha ottenuto l’estinzione della pena e nel 1994 la grazia. Nonostante i benefici, l’imputato è inoltre anche lo stesso che, creato un impero con la Cooperativa 29 giugno e con ottimi rapporti sia an destra che a sinistra, arrivando a fatturare 60 milioni l’anno e ad avere 1200 occupati, nel 2014 è stato arrestato nell’inchiesta sul Mondo di Mezzo per cui, anche se è caduta l’accusa di mafia, nel processo d’appello bis per rideterminare le pene e per cui la sentenza è attesa a febbraio, ha visto il procuratore generale Pietro Catalani chiedere per lui 12 anni, 8 mesi e 20 giorni da passare nelle carceri che ieri ha chiesto di svuotare. Una richiesta più pesante di quella fatta dal pg per l’ex Nar, Massimo Carminati, per cui sono stati chiesti 11 anni e un mese di reclusione.