Calabria al voto, tra indagati e voltagabbana

di Carmine Gazzanni

Tutti i candidati alla presidenza della Regione Calabria, da Mario Oliverio (Pd) a Wanda Ferro (Forza Italia) fino a Nicola D’Ascola (con la lista “Alternativa Popolare”, nella quale si raccolgono Udc e Ncd), continuano a parlare di cambiamento e a dire che con loro la svolta è certa dopo due legislature – Agazio Loiero prima, Giuseppe Scopelliti poi – in cui a regnare sono stati gli scandali e le inchiesta giudiziarie. Basti ricordare, d’altronde, che, in vista delle regionali del 23 novembre, si è giunti in campagna elettorale dopo mesi e mesi di reggenza per le dimissioni di Scopelliti dopo la condanna per abuso in primo grado a sei anni per aver firmato bilanci falsi all’epoca in cui era sindaco di Reggio Calabria.

HIGHLANDER
Eppure, scorrendo i nomi dei candidati, il rischio concreto è che il cambiamento sia solo un annuncio propagandistico e nulla più. Ad eccezione del Movimento 5 stelle guidato da Cono Cantelmi, le altre liste pullulano di indagati, impresentabili, voltagabbana. E personaggi che di nuovo hanno ben poco e che, magari, fino a ieri sedevano al tavolo degli stessi responsabili del disastro calabrese, mentre oggi si lanciano in critiche e denunce che, a conti fatti, paiono poco credibili. A cominciare dal candidato che tutti danno per vincitore con percentuali schiaccianti, ovvero Mario Oliverio. L’uomo Dem (detto u lupu, il lupo) – cuperliano che ha vinto le primarie contro il renziano Gianluca Callipo – è uno che ha vissuto per anni di politica: nel 1980 è consigliere regionale, nell’85 diventa assessore regionale, nel ’90 viene eletto sindaco di San Giovanni in Fiore. Poi vola alla volta di Roma: per ben 4 legislature – dal ’92 al 2006 – è deputato. Ma Oliverio non conosce stanchezza. E allora, al termine della lunghissima esperienza a Montecitorio, torna in patria per altri due mandati da Presidente della Provincia. Ed ora ci riprova per l’ultimo incarico che ancora non ha ricoperto.

VOLTAGABBANA
Oliverio è appoggiato praticamente da tutto l’establishment. Anche da chi, fino a ieri, era suo diretto avversario. Per dire: candidato con “Calabria in rete”, lista in coalizione con il centrosinistra, c’è Elio Belcastro, ex sottosegretario dell’ultimo governo Berlusconi e che, per l’occasione, ha pensato bene di emigrare dal centrodestra al centrosinistra. Ma non è l’unico. Nazareno Salerno, scopellitiano da sempre tanto da “meritare” anche un assessorato (al Lavoro) nella giunta uscente, è emigrato nella lista avversaria di Forza Italia capitanata da Wanda Ferro. Finita qui? Certo che no. Clamoroso anche il caso di Rocco Sciarrone, candidato anche lui come Belcastro in “Calabria in rete”, nonostante attualmente sia consigliere provinciale del centrodestra a Reggio.

PERICOLO ‘NDRANGHETA
È fine settembre quando la commissione antimafia presieduta da Rosy Bindi approva il nuovo codice etico. Nulla di categorico. Un semplice invito, rivolto ai partiti e ai movimenti politici, affinché non vengano candidati soggetti coinvolti in reati di criminalità organizzata contro la pubblica amministrazione. Un invito che in regioni come la Calabria dovrebbe essere una linea direttrice. Peccato però non sia così. Tra i candidati dell’Udc, infatti, spicca l’assessore uscente all’Agricoltura (oltreché consigliere nazionale del partito di Casini) Michele Trematerra, sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa e figlio del figlio del già europarlamentare Gino Trematerra. Le indagini della Dda riguardano presunte irregolarità nell’affidamento di appalti pubblici da parte della precedente amministrazione del Comune di Acri, guidata all’epoca dal sindaco Luigi Maiorano, anche lui indagato per concorso esterno, di cui avrebbe beneficiato la famiglia ‘ndranghetistica dei Lanzino di Cosenza. Gli appalti, secondo le indagini, riguarderebbero appunto attività di competenza dell’assessorato regionale all’Agricoltura, come lo spalamento della neve, l’attività di disboscamento e la successiva vendita del legno. Un’inchiesta pesante, dunque. Che però non ha scalfito minimamente Trematerra che si ricandida come capolista in sostegno di Nicola D’Ascola. Proprio nella circoscrizione cosentina.

IN VIBO VERITAS
Ma gli indagati abbondano. Alla faccia del segno del cambiamento. Da destra a sinistra, in perfetta logica bipartisan. Rimanendo in casi Udc ricordiamo altri due uscenti. A cominciare dal presidente del consiglio regionale Francesco Talarico, indagato per abuso d’ufficio per la nomina del vicecapo di gabinetto Valentina Chinè. Quest’ultima non avrebbe avuto i titoli per ricoprire l’incarico affidatogli dal massimo rappresentante di Palazzo Campanella, sede del parlamentino calabrese. Ma Talarico è uno “recidivo” e allora, per lo stesso motivo, è indagato anche nell’inchiesta che coinvolge l’Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente): anche in questo caso, infatti, le nomine sarebbero state effettuate senza i requisiti richiesti dalla normativa in materia. Finita qui? Certo che no. Ecco infatti Ottavio Gaetano Bruni, ex presidente della Provincia di Vibo Valentia, raggiunto in estate da un avviso di garanzia per un’inchiesta secondo la quale alcune aziende si facevano pagare la cassa integrazione in deroga e allo stesso tempo ricevevano finanziamenti per il mantenimento dei livelli occupazionali. Un raggiro da 8 milioni di euro, che ha coinvolto anche il successore di Bruni alla provincia, Francesco De Nisi (candidato col Pd). Non solo. De Nisi e Bruni viaggiano parallelamente in campo giudiziario. E così entrambi sono citati in giudizio anche dalla Corte dei conti per il danno erariale da ben 7 milioni di euro per colpa dei lavori mai terminati della tangenziale est della provincia.

TUTTI GLI ALTRI
La lunga carrellata di impresentabili, però, non finisce qui. Se infatti da una parte abbiamo Antonio Scalzo (Pd), rinviato a giudizio (insieme peraltro all’ex assessore della giunta Loiero Diego Tommasi, non ricandidato) in merito ad una seconda inchiesta sull’Arpacal su cui graverebbero irregolarità nell’attribuzione di incarichi e nell’erogazione di fondi; dall’altra abbiamo Mimmo Tallini, ex scopellitiano e oggi candidato con Forza Italia. Tallini, peraltro assessore uscente con la delega al personale, è indagato proprio insieme a Scopellliti per il caso Sarlo: Alessandra Sarlo nel 2010 fu nominata dalla giunta commissario dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia senza che ne avesse i requisiti. Per inciso: la Sarlo è moglie del giudice Vincenzo Giglio, arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Infinito” della Dda di Milano sui presunti rapporti con la cosca Lampada, operante nel capoluogo lombardo. E chiudiamo con Claudio Parente, candidato nella lista “Casa delle Libertà”, in sostegno della Ferro. Parente è indagato per truffa aggravata in merito al fallimento dell’ex società calcistica Us Catanzaro.

FONDI EUROPEI
E ancora. Tra i ricandidati non si può non ricordare Giacomo Mancini. Anzi, Mancini junior, siccome il nonno, Giacomo Mancini senior, è stato un politico di lungo corso del Partito Socialista. Mancini non è indagato. Eppure è stato al centro del ciclone poiché, in qualità di assessore con delega alla programmazione, è nei fatti il primo responsabile (perlomeno politico) del disastro tutto calabrese sui fondi europei, dato che non è stato speso oltre un miliardo di euro del finanziamento 2007-2013. A riguardo sono state presentate interrogazioni (sia a Montecitorio che a Bruxelles) ed esposti a procura e Corte dei conti da parte dei Cinque stelle. A luglio scorso, infatti, Mancini avrebbe deciso motu proprio di cambiare l’Autorità di gestione del Por Calabria 2007-2013 con semplice verbale allegato a deliberazione di giunta regionale avente, peraltro, oggetto diverso. Insomma, con una forzatura.

RIMBORSOPOLI
Un pout-pourri incredibile, dunque. Ma ovviamente non poteva mancare l’inchiesta sulla rimborsopoli. Sulla questione sono in corso indagini sia della Corte dei conti che della procura. Indagati sono 44 consiglieri uscenti (di cui 13 capigruppo). E, manco a dirlo, abbondano i ricandidati. Da Vincenzo Antonio Ciconte (Pd) a Gianpaolo Chiappetta (ex Pdl; oggi Casa delle Libertà), fino a Luigi Fedele (ex capogruppo del Pdl; oggi Ncd).

SANITÀ
Chiudiamo con l’ultima inchiesta avviata dalla Procura di Catanzaro. Per ora è contro ignoti. Ma anche qui le reponsabilità non sono da poco. Dopo la sospensione di Scopelliti, a prendere le redini della giunta è stata un’altra alfaniana, Antonella Stasi. Per legge la giunta avrebbe dovuto far fronte soltanto all’ordinario, essendo in prorogatio. E invece no: via alle nomine di tutti i dirigenti delle varie aziende ospedaliere e sanitarie. Un atto che ha allertato la procura che dopo un esposto della deputata Dalila Nesci (M5s) ha avviato le indagini. Per inciso: il marito della Stasi sta aprendo un clinica privata. Guarda tu il caso.

@CarmineGazzanni