Caltagirone-Zingaretti

di Daniele Martini per il Fatto quotidiano

Vallo a scoprire di chi è la manina o la manona che ha infilato la cimice nell’imbottitura della poltrona nella sala riunioni della Regione Lazio per carpire ogni soffio degli incontri del governatore Nicola Zingaretti. Un avversario politico? Uno spione? Un ricattatore? Un qualche maneggione di palazzo? Di certo non un suo amico. Questa banale constatazione non facilita di una virgola la ricerca del responsabile perché di nemici il presidente del Lazio ne ha diversi.

Proprio negli ultimi giorni dal mazzo ne è spuntato uno che sembra essere addirittura più nemico degli altri: il costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone. I due si detestano caldamente. L’antipatia è sfociata addirittura in una guerra legale: Zingaretti ha querelato il Messaggero di cui Caltagirone è editore per alcuni articoli ritenuti diffamatori sul tema caldo del momento a Roma e nel Lazio, la gestione dei rifiuti. Un affarone gigantesco, gestito per più di trent’anni in regime di monopolio da Manlio Cerroni, il “Supremo” della monnezza, arrestato alcuni giorni fa. La sua uscita di scena sta rimescolando le carte e stimolando tanti appetiti nella Capitale.

La fine della manomorta di Cerroni è un’occasione di possibile riscatto per la politica romana, per decenni accucciata all’ombra del “Supremo”, nel peggiore dei casi scodinzolando ed eseguendo i suoi ordini a pagamento, nel migliore adagiandosi sul fatto che concentrare la spazzatura nell’enorme discarica cerroniana di Malagrotta era facile e conveniente perché si pagava poco.

Per i nuovi dioscuri di Roma e del Lazio, il sindaco Ignazio Marino e il governatore Zingaretti, il superamento del sistema Cerroni può essere il momento buono per dimostrare che ci sanno fare e sono di un’altra pasta rispetto ai predecessori. Non solo quelli di centrodestra, Gianni Alemanno e Renata Polverini, ma anche quelli di centrosinistra, i Walter Veltroni e i Piero Marrazzo, che non hanno mai osato mettere davvero in discussione lo strapotere di Cerroni nella Capitale.

La fine dell’era del “Supremo” costituisce però anche un richiamo eccezionale per chi fiuta l’odore dei soldi e accarezza il progetto di sostituirsi all’anziano Immondezzaro partendo dalla constatazione che, ormai inesorabilmente fermo il mattone e tutta la fiera che gli fa corona, la monnezza è diventata il vero affare romano. Caltagirone non disdegna i rifiuti, anzi, c’è dentro con sue società a Istanbul e in Inghilterra mentre il Fatto ha svelato l’esistenza di una serrata trattativa tra lui e Cerroni non andata a buon fine perché non si sono trovati d’accordo sul prezzo.

A caldo il negoziato è stato categoricamente smentito dai portavoce di Caltagirone, i quali poi hanno invece dovuto ammettere che gli incontri c’erano stati, fornendo ovviamente una loro versione dei fatti, e cioè che era Cerroni a tampinare Caltagirone per mollargli quell’impero della monnezza costruito nell’arco di una vita, non Caltagirone a voler acquistare.

Comunque sia andata, la faccenda si lega a filo doppio alla gestione dell’Acea, la municipalizzata della luce e dell’acqua di Roma, posseduta al 51 per cento dal Campidoglio, ma in cui Caltagirone comanda con il 16 per cento appoggiandosi a due manager di fiducia, Giancarlo Cremonesi e Paolo Gallo. Nella testa di Marino e Zingaretti il superamento di Malagrotta e il possibile avvio di un ciclo virtuoso di gestione dei rifiuti si basa sulla fusione tra l’Acea e l’Ama, l’azienda comunale di raccolta dell’immondizia.

Caltagirone è di tutt’altro avviso e anche questo lo spinge in rotta di collisione con i due amministratori romani. La sua avversione è molto mirata, diretta non tanto alla parte politica di cui i due sono espressione, il centrosinistra, ma ad personam. Non a caso Caltagirone ci tiene a far sapere che Romano Prodi è tra i collaboratori eccellenti del suo Messaggero , giornale che sostiene volentieri Matteo Renzi.

Zingaretti mette a confronto questo endorsement con il trattamento ruvido ricevuto dallo stesso quotidiano sia di recente con Cerroni e i rifiuti, sia qualche tempo prima con un altro episodio che ha segnato il rapporto tra il governatore e il re dei costruttori romani: l’affare della sede della Provincia all’Eur.

Per Roma quella vicenda apparentemente secondaria è stata uno spartiacque. La storia è questa: quando ancora era presidente della Provincia di Roma, Zingaretti decise di spostare la sede dal centro a un palazzo nuovo e scelse una delle due torri dell’Eur tirate su dal giovane costruttore Luca Parnasi.

Poi, per gestire il patrimonio immobiliare della Provincia con cui finanziare l’acquisto, invece di far entrare in campo Fabrica di Caltagirone, si rivolse a Bnl-Paribas. Da quel momento il Messaggero cominciò a cannoneggiare Zingaretti senza pietà accusandolo di essere uno sprecone con i soldi dei romani. Erano le settimane in cui il centrosinistra stava scegliendo il suo candidato per il Campidoglio da contrapporre ad Alemanno. Da anni Zingaretti stava studiando per quel posto da dove contava di spiccare il salto per la guida del Pd. Invece rinunciò a sorpresa accontentandosi della Regione.

Da “nicolazingaretti.it” del 18 gennaio 2014

Anche oggi impropriamente il quotidiano Il Messaggero, dell’editore Francesco Gaetano Caltagirone, tira nuovamente in ballo il presidente Nicola Zingaretti sull’inchiesta sui rifiuti che dopo anni e anni di accurate indagini della magistratura, vede il presidente della Regione assolutamente estraneo da qualunque addebito.

Per questo motivo il presidente Zingaretti ha dato mandato ai suoi legali di querelare nuovamente Il Messaggero (e di valutare anche le dichiarazioni dell’imprenditore Altissimi) per il reato di diffamazione a mezzo stampa, e ribadisce di essere contrario che ad un monopolio sui rifiuti come quello di Cerroni ne subentri un altro e che da questa idea non verra’ meno neanche se oggetto di campagne stampa basate sul nulla. Nella Regione Lazio del presidente Zingaretti si difendono gli interessi pubblici e di tutti i cittadini e non quelli delle lobby.

 

Da “nicolazingaretti.it” del 17 gennaio 2014

Ho dato mandato ai miei legali, a tutela della mia onorabilità, di querelare per diffamazione il quotidiano Il Messaggero per il titolo in prima pagina di oggi “Rifiuti, il patto dei politici. Leggi ad hoc per Cerroni. Il ruolo di Pd, Regione e Provincia per favorire il ras a Roma”.

Io sui rifiuti non ho mai fatto alcun patto con nessuno. In tutta la mia vita politica mi sono sempre battuto per il bene comune e non per favorire interessi di parte. E d’altronde, dopo due anni di accuratissime indagini da parte della Procura di Roma, le indagini si sono chiuse senza alcuna chiamata in causa nei miei confronti. Questi sono i fatti relativi all’inchiesta della Magistratura.

Passiamo ora ai fatti relativi alle politiche ambientali messe in atto dalle Amministrazioni da me presiedute in Provincia e in Regione. Innanzitutto è stata chiusa la discarica di Malagrotta e la differenziata in provincia è aumentata in 5 anni del 2000%, contro gli interessi di tutti i proprietari di discariche. Sempre le amministrazioni da me presiedute si sono dedicate alla chiusura della discarica di Malagrotta e dichiarate contrarie alla nuova discarica di Monti dell’Ortaccio e di Riano, da sempre prime scelte dell’avvocato Cerroni.

Anche la preferenza della Regione in questi ultimi mesi per la discarica di Falcognana (non di proprietà di Cerroni) è l’ennesima dimostrazione della rotta che ho sempre seguito. E’ dunque evidente che la violenta sortita del Messaggero, non corrisponde ad alcun dato di fatto, ma ad una dinamica di interessi imprenditoriali a me del tutto estranei.

Probabilmente le difficoltà di un monopolio sul ciclo dei rifiuti che le mie amministrazioni (con politiche corrette, incisive, trasparenti e attente a non portare Roma e il Lazio nel caos che si è verificato in altre città) suscitano attenzione e strategie volte ad occupare spazi di mercato importanti. La questione rilevante è che ora si vada comunque ad una riorganizzazione complessiva del ciclo dei rifiuti e non si passi da un monopolista a un altro monopolista.