Europee, in piazza ha vinto Grillo

di Luca La Mantia

Da Star Wars a Chaplin, da papa Giovanni a Berlinguer. Doveva essere lo show del gran finale e così è stato. Beppe Grillo ha riempito piazza San Giovanni a Roma e vinto, almeno da questo punto di vista, il confronto con Matteo Renzi, l’arci rivale di questa infuocata campagna elettorale per le Europee. Se ieri il Premier non era riuscito a colmare piazza del Popolo oggi Grillo ha portato sotto il suo palco migliaia di persone con un clamore che nemmeno il concerto del 1 Maggio. Il leader del Movimento 5 Stelle ha mostrato un’altra volta tutto il suo ottimismo per il risultato del voto “Non vinceremo, ma stravinceremo” ha urlato alla folla. Poi l’affondo su Renzi con il solito sarcasmo: “Mi fa pena questo ragazzo – ha detto dal palco – ieri ( giovedì ndr) era a Piazza del Popolo, senza il Popolo”. Riferendosi proprio alla scarsa affluenza di pubblico per il comizio del presidente del Consiglio nella Capitale. Un’altra presain giro nei confronti del Presidente del Consiglio c’è stata quando rivolgendosi al padre di Renzi la ha invitato a “parlare al suo bambino” e a sussurrargli in un orecchio “basta, è finita, ora andiamo a casa”. Le battute spesso fuori dalle righe e i toni incendiari usati Da Grillo in questi giorni gli hanno fatto piovere addosso decine di critiche. Il comico genovese si è difeso anche ieri: “Dicono che io sono un delinquente. Lo sarò anche ma io sono un delinquente che non ha cariche istituzionali e non ne avrà mai”.

Grillo è anche tornato sui processi mediatici a cui vorrebbe sottoporre giornalisti, politici e industriali in caso di una affermazione elettorale del Movimento 5 Stelle. “Faremo un processino online per divertirci anche un po’ – ha annunciato – Sono venti anni che ci deridono, ingannano, sfruttano, prendono in giro. Non sarà nulla di fisico, andremo a vedere i loro conti. Lì faremo i processi, sarà uno sputo virtuale”.

In un comizio elettorale non potevano mancare spunti sull’Europa. “Il comunismo non ha funzionato; il capitalismo è questo e non prevede la democrazia – ha gridato – Noi siamo il piano B dell’Europa”. Grillo ha parlato di energia (“basta con quella di origine fossile”) è citato i punti salienti del programma del suo partito. Si concede ancora una battuta: “Nessuno di loro ha un programma – dice – Forse solo quello della Lega che ha una magliettina con la scritta “No Euro” che però non sa dire nulla”. Sul palco di San Giovanni è salito anche Gianroberto Casaleggio. Il guru in settimana aveva detto di essere pronto, in un eventuale governo pentastellato, a fare il ministro e che avrebbe visto bene anche Grillo in quel ruolo. Le parole del con- fondatore avevano fatto il giro della rete creando imbarazzo e costringendo i due, dopo poche ore, a correggere il tiro. Casaleggio ha risposto a Renzi sulla polemica legata aBerlinguer. Il Premier, da piazza del Popolo, aveva invitato Grillo a “sciacquarsi la bocutkyca” prima di parlare di Berlinguer, perché “non si possono mettere nella stessa frase ‘io sono oltre Hitler e Berlinguer’”. Casaleggio ha replicato al segretario del Pd dicendo “Si sciacqui la bocca lui prima di parlare di Berlinguer, perché l’ex segretario del Pci ha lanciato la questione morale ma questo Pd ha nel suo Dna solo la questione immorale”. E giusto per farsi capire ha fatto strillare per diverse volte il nome di Berlinguer alla gente “per farlo sentire sino a Palazzo Chi- gi” ha detto. Prima di concludere il suo intervento il guru milanese ha avuto anche il tempo per due citazioni d’autore: Papa Giovanni (“portate una carezza e dite questa è la carezza del Movimento”) e Guerre Stellari (“la forza sia con voi” con cui ha chiuso il suo discorso). A proposito di citazioni. Grillo si è voluto prendere una rivincita su quanti in questi giorni lo hanno paragonato a un dittatore, a un desposta, a un pericolo per la democrazia. Al termine del suo intervento ha quindi recitato il monologo finale del “Grande Dittatore” di Charlie Chaplin. Comunque vada queste europee hanno visto Grillo come mattatore assoluto. Il leader del Movimento 5 Stelle ha fatto di tutto per dare al voto un valore politico. Lo scopo è quello di diventare il primo partito italiano già ora in modo da poter chiedere con più forza la caduta del governo e il ritorno alle elezioni. Perché i grillini, che in questo anno all’interno del Parlamento il pelo sullo stomaco se lo sono fatto crescere eccome, ora pensano di avere non solo le energie ma anche le competenze per governare. Se sarà vero lo dirà la storia. Ovviamente dopo le europee.


Renzi: non vado knockout, questo voto non è su di me

di Lapo Mazzei

Per tattica, e per scelta pratica, Matteo Renzi ha scelto di chiudere la campagna elettorale, televisivamente parlando, su Canale 5, anzi sul Tg5 . Del resto se vuoi conquistarti i voti del centrodestra, anzi della destra, come ha gridato in piazza a Prato, non puoi che farlo parlando da Mediaset. “Se vinco di un punto o perdo di un punto cambia poco per il governo, ma cambia molto per l’Europa”, dice il premier al tg di Clemente Mimun, che gli chiede se sarebbe soddisfatto da un 26% per il Pd. “Sarebbe più dell’altra volta, ma vorrei fare un po’ di più”. Domenica sera sapremo chi ha ragione. Per la piazza, invece, il copione è stato rispettato con il bagno di folla in piazza della Signoria a Firenze. Dove i manifestanti hanno offerto un colpo d’occhio decisamente migliore a quello registrato in piazza del Popolo a Roma. Prima però c’è stata la tappa in piazza del Duomo a Prato, dove si vota anche per il Comune. Prato e Firenze sono due città simbolo. Prato, che alle ultime elezioni venne strappata al centrosinistra dall’attuale sindaco Roberto Cenni, è uno dei comuni che il premier punta a riconquistare. Firenze è la sua città: proprio da piazza della Signoria l’ha diretta come sindaco. Impossibile prescindere da questo luogo. Eppure il canovaccio della giornata aveva preso le mosse da tutt’altro tema. “Gli 80 euro sono una realtà, un dato di fatto. Alla faccia dei gufi. Sono 80 euro in più di quelli di prima perché è la prima volta che restituisce dei soldi ai cittadini”, ha detto Renzi nel suo intervento a Prato. “C’è chi la chiama elemosina – ha ribadito – noi la chiamiamo giustizia sociale. Ma non è che l’inizio. Il governo vuole pensare anche ai pensionati e alle partite Iva”. Nuove promesse che si vanno a sommare alle precedenti, nel segno di una continuità che non trova rispondenza nei fatti però. E allora serve ricordare l’elenco del premier. Gli 80 euro in busta paga, il decreto lavoro, la riforma delle Province, il tetto agli stipendi dei superdirigenti. È il bilancio di Renzi, dei suoi primi 80 giorni da premier. Un messaggio che il leader Pd sceglie di lanciare alla vigilia del voto. E ottanta è il numero magico di Renzi. Tanti sono gli euro che questo mese gli italiani con redditi medio-bassi troveranno in busta paga. È questa la misura simbolo dei primi 80 giorni alla guida del governo. Il giovane presidente si presenta nella sala stampa di Palazzo Chigi a illustrare in dieci slide le misure già adottate e annunciare quello che verrà. E in cima a quello che definisce il suo “giro d’Italia in 80 giorni” colloca proprio il cedolino con il bonus che per “la prima volta davvero” fa calare le tasse. È una scelta programmatica, “di giustizia sociale”, non una misura spot. “Giù le tasse per riportar su l’Italia”, proclama. E ribadisce che nel 2015 gli 80 euro andranno pure a pensionati e partite Iva. Entro giovedì prossimo arriverà il progetto di delega fiscale, annuncia l’inquilino di Palazzo Chigi. Poi s’imprimerà “il più possibile” un’accelerazione al ddl delega sul lavoro. In mezzo, però, c’è l’appuntamento elettorale. Dunque la conferenza stampa di ieri, rompendo la tradizione, non a 100 ma a 80 giorni dall’insediamento al governo, è un’occasione per il premier per ribadire che il voto di domenica deciderà il futuro dell’Europa ma non la vita del governo. “Non è un referendum su di me” e da lunedì “non cambia la composizione” del governo, ha af- fermato . Ma c’è di più: il leader dem si spinge ad affermare che il risultato elettorale sarà ininfluente anche per il tassello più delicato della sua scommessa di governo: le riforme. E in ogni caso, “andiamo avanti co- munque: non mollo mezzo centimetro”, ha assicurato. Perché se quanto fatto finora “non è sufficiente a cambiare verso”, non ha precedenti per la “concretezza dei risultati”, proclama Matteo. Che accusa i suoi competitor di avere entrambi “fallito”.