Camusso & C.

di Gaetano Pedullà

E per fortuna che Obama era rimasto così tanto impressionato dalla leadership del nostro (ex) presidente del Consiglio, Enrico Letta. @Enricostaisereno ci aveva sperato in quel posto da segretario generale della Nato che gli avrebbe permesso di guardare come scaramucce lontane le battaglie di Matteo Renzi per tenere in piedi il suo governo dalle grandi ambizioni e dai piccoli numeri in Parlamento. Ottenuto quello che voleva, e cioè la conferma che l’Italia non rinuncerà ad acquistare i caccia bombardieri F-35 (o qualcos’altro), il presidente Usa ha tolto il disturbo da Roma e ha messo a guardia della Nato uno svedese. Il quadro geopolitico è troppo caldo, e non basta certo la telefonata di ieri tra Putin e il capo della casa Bianca per lasciare un ruolo chiave, come la guida della Nato, a un Paese che a Washington sentono sempre meno affidabile. D’altra parte, mentre il mondo ribolle qui vanno in scena delle zuffe surreali. La prima, tra Grillo e Renzi, con il primo che attacca Obama per essere venuto fino a Roma pur di venderci gli F-35, e il premier che annuncia il taglio della spesa militare, aerei compresi. Se così sarà, resta un mistero il vero motivo per cui Mr. president ha sprecato due dei suoi preziosi giorni per far scalo in Italia. La seconda zuffa è ancora più incredibile. Da una parte il governatore della Banca d’Italia, un signore che prende uno stipendio tre volte superiore rispetto al suo omologo della Banca centrale Usa, e dall’altra i sindacati. Usando le parole di Guido Carli – roba vecchia di decenni, il nostro banchiere centrale ha denunciato che in Italia abbiamo troppi ostacoli alle riforme. Un assist al premier che ha mostrato immediatamente la coda di paglia dei sindacati. Ci sono autorità che parlano a vanvera, ha risposto il leader della Cisl, Bonanni. Le corporazioni dunque non c’entrano: l’Italia è rimasta immobile da sola. E notoriamente anche gli asini volano.