Caos migranti. La Procura di Siracusa smentisce quella di Catania: nessun legame ong-trafficanti. Ma il rischio è che crollino le donazioni

La questione del presunto rapporto tra ong e i trafficanti di migranti ogni giorno fornisce novità e prese di posizione differenti

Da una parte gli investigatori, dall’altra l’opinione pubblica. In mezzo le organizzazioni non governative. E, come se non bastasse, ora a dividersi sono le stesse Procure e il mondo della Chiesa. Insomma, la questione del presunto rapporto tra ong e i trafficanti di uomini ogni giorno fornisce novità e prese di posizione differenti. Sul fronte della giustizia, da registrare le parole del procuratore di Siracusa, che ha detto di non aver nessuna indagine in corso sul tema per il semplice motivo che “non risultano elementi investigativi”. E intanto pure i vescovi italiani se la prendono con la politica, definendo le parole dei rappresentanti dei partiti un “atto ipocrita e vergognoso”. Una posizione, neanche a dirlo, condivisa dalle ong.

“Qui non ci sono inchieste” – Ma partiamo da quanto dichiarato ieri dal capo della Procura aretusea, Francesco Paolo Giordano, in Commissione Difesa del Senato. Il quadro che emerge è decisamente chiaro-scurale. Perché se da una parte la Procura di Catania (insieme peraltro a quella di Trapani e a quella di Palermo) indaga, a quella di Siracusa non risultano legami tra business dei migranti e organizzazioni non governative. “Al nostro ufficio – ha detto non a caso Giordano – non risulta nessun elemento investigativo che riguardi collegamenti obliqui o inquinamento nei rapporti con i trafficanti” a carico delle ong che operano nel Mediterraneo per il salvataggio dei migranti. Parole chiare, che prefigurano che a Siracusa non hanno prove né notizie di reato per aprire un fascicolo d’inchiesta. Esiste però, ha sottolineato il procuratore Giordano, la consapevolezza di una differenza tra le diverse organizzazioni che operano: “Siamo in grado di stabilire che c’è struttura e struttura – ha detto – Alcune si presentano con navi perfettamente equipaggiate, conformi ai codici di navigazione, e collaborano con la polizia giudiziaria, altre hanno navi meno soddisfacenti dal punto di vista delle dotazioni e non hanno un atteggiamento pienamente collaborativo”.

L’accusa delle ong – Ma a parlare ieri in audizione non solo il Procuratore di Siracusa, ma anche i rappresentanti delle organizzazioni coinvolte, da Medici Senza Frontiere fino ad Amnesty International. Tutte hanno mostrato profonda indigazione per le tante accuse di questi giorni.  Sulle ong “c’è stata una campagna strumentale e di manipolazione, siamo indignati – ha detto Stefano Argenziano, responsabile del programma migrazioni di Msf – Non abbiamo nulla da nascondere ma assistiamo al rimbalzo costante di accuse e illazioni non supportate da alcuna prova indiziale”. “Le convenzioni internazionali parlano di ‘place of safety’ che impongono il non respingimento delle persone in paesi dove rischiano la violazione dei diritti umani: per questo non possiamo riportare in Libia i migranti che salviamo”, ha spiegato ancora Marco Bertotto, responsabile advocacy per Medici senza frontiere, a fronte dell’obiezione di alcuni senatori secondo cui le ong adibite al soccorso in mare riconducono i migranti nei porti italiani. Il problema vero, denunciano le ong, è altro: “La vera sciagura – ha detto  Loris De Filippi, presidente di Medici senza frontiere –  sono le 12 persone al giorno che nel 2016 hanno perso la vita in mare fuggendo dalla Libia più le altre 1.000 vittime nei primi mesi di quest’anno”. Un dato tragico che le ong non nascondono dipenda dalle politiche fallimentari europee. Ma c’è di più. Antonio Romano, tra i fondatori della ong Sos Mediterranee Italia, ha invece denunciato come siano crollate “vorticosamente” e “verticalmente” le donazioni delle persone alle organizzazioni non governative che si occupano del soccorso in mare dei migranti. Insomma, oltre al danno le beffa del crollo delle donazioni.