Capitale spazzatura. A Roma costi alle stelle e cittadini scontenti per la raccolta dei rifiuti: ogni abitante paga oltre 200 euro. Peggio fa solo Palermo

Roma è la città dove si paga più per il costo dei rifiuti e dove i cittadini sono più insoddisfatti. I dati raccolti della Confartigianato parlano chiaro

Roma è la città dove si paga più per il costo dei rifiuti e dove i cittadini sono maggiormente insoddisfatti. I dati raccolti dal rapporto di Confartigianato parlano chiaro: raccogliere la spazzatura costa ai romani 249,9 euro pro capite, il 50,9% in più rispetto alla media nazionale e il 9,5% in più rispetto ai 228,15 euro del 2010. E come se non bastasse il costo, la sporcizia per strada resta, visto che solo il 9% ritiene che la città sia pulita. Peggio della Capitale riesce a fare soltanto Palermo con il 7% di media. La città più soddisfatta è invece Verona, seguita da Bologna e Torino.

Il rapporto di Confartigianato sottolinea inoltre che Roma assorbe il 7,8% dei costi nazionali per il servizio di igiene urbana. Entrando nel dettaglio delle spese occorre sottolineare che a Roma il costo unitario del servizio di igiene urbana (calcolato dividendo la spesa per il peso totale dei rifiuti) è di 41,18 cent/kg, superiore del 24,9% rispetto al valore medio nazionale (32,97 cent/kg) ed imputabile soprattutto al cosiddetto spazzamento, che costa 15,72 cent/kg, tre volte e mezzo maggiore (252,7%) rispetto ai 4,47 euro/kg della media nazionale. L’igiene urbana è costata alle tasche di famiglie e imprenditori italiani nel 2014 in media 167,80 euro a testa, in totale 10,2 miliardi. E siamo ultimi in Ue per livello di soddisfazione. A pagare di più sono i cittadini del Lazio (Roma compresa) con un costo di 220,3 euro per abitante.

Un dato positivo arriva dalla produzione di rifiuti. Negli ultimi cinque anni in Italia ne abbiamo prodotti meno. Ed è già qualcosa. Nonostante questo, però, le tariffe non accennano a diminuire. La denuncia è arrivata anche dal presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti:”C’è qualcosa che non va. Le tariffe dei servizi erogati da soggetti pubblici devono rispettare il mercato e non possono essere una variabile indipendente, troppo spesso utilizzata per fare cassa e mettere a posto i guasti di una cattiva gestione”.