Carceri e indulto. Il pressing del Colle al Parlamento che non decide

di Vittorio Pezzuto

Chissà cosa potrebbero pensare i detenuti dei convegni e delle tavole rotonde che, puntuali come il cambio delle stagioni, affrontano da una distanza di sicurezza il tema delle carceri e delle riforme che dovrebbero trasformarli in un luogo di civile espiazione della pena. Di sicuro si chiedono come mai chi si lamenta di aver poco tempo per fare le cose si disinteressi quasi sempre della sorte di chi, come loro, dispone di tantissimo tempo senza poter far nulla. Quello che invece sappiamo è che al nostro Stato di mesi ne rimangono sempre meno se vuole ottemperare alla scadenza (maggio 2014) per quella riforma strutturale dei sovraffollati penitenziari che ci è stata imposta da un’umiliante condanna della Corte di Strasburgo. Proprio ieri se n’è parlato al Senato nel corso di un convegno indetto appunto su amnistia e indulto. Due parole, due possibili provvedimenti che il capo dello Stato aveva evocato settimane or sono nel suo unico messaggio inviato alle Camere. Giorgio Napolitano era presente in sala e ne ha approfittato per incalzare nuovamente la distratta classe politica: «Il Parlamento – ha ammonito – deve avere il senso di responsabilità necessario per dire che vuol fare innanzitutto un provvedimento di indulto o che non è necessario. Il Parlamento è assolutamente libero di fare le sue scelte, il mio messaggio non è certo un prendere o lasciare». Ecco, le scelte. Perché a forza di girare in tondo alle tavole rotonde il problema resta sempre quello di una politica che preferisce non decidere. E fa un po’ sorridere l’ottimismo dell’ormai dimezzato ministro della Giustizia che, a margine del convegno, cercava di sfruttare al meglio l’assist di Re Giorgio. Annamaria Cancellieri ha infatti auspicato «un’ampia convergenza delle forze politiche su un provvedimento di clemenza, che avverto come una ulteriore importante spinta per far decollare la riforma della giustizia che è in cantiere». Un cantiere accidentato ed eterno come quello della Salerno-Reggio Calabria. «In Consiglio dei ministri – ha aggiunto – proporremo un nuovo intervento normativo di rango primario, anch’esso urgente come quello del luglio scorso, che prosegua lungo il percorso già tracciato». Praticamente, uno ‘svuotacarceri’ che rafforzi le pene alternative e l’affidamento in prova. Obiettivi condivisi dal presidente del Senato Pietro Grasso, che ha annunciato la prossima calendarizzazione in aula del disegno di legge delega sulle pene detentive non carcerarie. «Tocca diversi aspetti segnalati dal presidente Napolitano e che mi stanno a cuore, in particolare l’introduzione delle pene detentive non carcerarie nel Codice Penale e l’intera riforma del sistema delle pene; le modalità di espiazione della reclusione domiciliare e dell’arresto domiciliare; la depenalizzazione di fattispecie contravvenzionali disciplinate da leggi diverse dal Codice Penale, fra cui il reato di ‘immigrazione clandestina’; la disciplina della sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato; la sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili. Ritengo – ha concluso – che questo complesso di interventi normativi contribuirà alla necessaria deflazione delle carceri, ma soprattutto eviterà che il fenomeno continui a riprodursi». Parole e buone intenzioni che difficilmente potranno coagulare in Parlamento un’ampia maggioranza. D’altronde si sa che le discariche umane che ci ostiniamo a chiamare carceri poco interessano a chi ne sta fuori. E infatti, col passare delle ore, le notizie sul paludato convegno sono via via scivolate fuori dalle homepage dei principali siti Internet. Ma tutto questo i detenuti, se qualcuno li avesse informati, l’avrebbero facilmente previsto.