Carceri e posti letto. Il governo tarocca i dati

di Vittorio Pezzuto

Ripetutamente condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, il nostro Paese ha tempo fino al prossimo mese di maggio per risolvere con misure strutturali lo scandalo del sovraffollamento delle carceri. L’estate incombe, ed è troppo facile immaginare che insieme al solleone arriverà la puntuale teoria di articoli e denunce che ci faranno vergognare per le condizioni di vita in queste asfittiche discariche umane. Il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri ha spiegato nei giorni scorsi che «l’Europa impone che ciascun detenuto abbia a disposizione in cella uno spazio sotto ai tre metri quadrati. Sotto questa soglia la detenzione è considerata tortura». Aggiornati allo scorso 31 maggio, i dati ufficiali del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dichiarano che i detenuti ospitati nelle 206 strutture di reclusione sono infatti 65.886 a fronte di una capienza regolamentare di 46.995 unità.

Più di un terzo di questi sono stranieri (23.265), con una rappresentanza robusta di cittadini marocchini (4.415), romeni (3.691), albanesi (2.890) e tunisini (2.880). Significa che quasi ventimila persone sono prive di un posto letto, costrette in celle che l’assenza di spazio e di servizi igienici decenti rendono letteralmente invivibili (ieri a Rebibbia l’ennesimo suicidio). E guarda caso il loro numero equivale all’incirca ai 24.242 detenuti ancora in attesa di un’eventuale condanna definitiva (di questi 12.120 non hanno neanche subìto un primo giudizio). Si annunciano quindi come risibili gli effetti del decreto legge che il ministro Cancellieri porterà oggi in Consiglio dei ministri, poiché consentirà a non più di 4mila detenuti (condannati per reati di lieve entità e ormai giunti a un passo dalla fine pena) di accedere a misure alternative. Intanto i radicali denunciano che i dati sul sovraffollamento sarebbero stati taroccati sul sito del Ministero della Giustizia, traendo in inganno lo stesso Guardasigilli. L’ex deputata Rita Bernardini contesta la trasparenza dei metodi di rilevazione, sostiene che i posti disponibili siano al massimo 40mila e osserva come a seguito delle sue proteste il Dap (che a denti stretti ammette di aver conteggiato anche le celle in via di ristrutturazione) li abbia fatti accompagnare da una dicitura ambigua ed eloquente al tempo stesso: «Il dato sulla capienza non tiene conto di eventuali situazioni transitorie che comportano scostamenti temporanei dal valore indicato».