Cartelle esattoriali e ristori. La crisi di Renzi la paga il Paese. La paralisi politica mette a rischio i provvedimenti. Ma Palazzo Chigi è al lavoro per portarli a casa

Cartelle esattoriali e ristori. La crisi di Renzi la paga il Paese. La paralisi politica mette a rischio i provvedimenti. Ma Palazzo Chigi è al lavoro per portarli a casa

C’è chi giura che la crisi di governo voluta da Matteo Renzi sarebbe una manna piovuta dal cielo. Eppure solo guardando ai provvedimenti sospesi nel limbo, per non parlare delle ripercussioni sull’economia che già scontiamo da giorni, si capisce che le cose non stanno affatto così e che, com’è facilmente intuibile, a rischiare di dover pagare un conto sono gli italiani. Nonostante le rassicurazioni che provengono da Palazzo Chigi sul fatto che l’attività ordinaria svolta dal governo procederà come da programma, non si può negare che con le dimissioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte si complica la strada dei provvedimenti economici che erano attesi a giorni dopo il via libera al nuovo scostamento di bilancio da 32 miliardi.

Non si tratta di questioni di poco conto perché in ballo ci sono soprattutto le misure a sostegno dei cittadini che, a causa dell’emergenza sanitaria, si trovano in maggiori difficoltà. Tra le questioni più urgenti, infatti, c’è proprio quella del nuovo rinvio delle cartelle esattoriali. Il congelamento che è ancora in corso è stato disposto il 14 gennaio ma la sua validità terminerà a fine mese e quindi, senza interventi urgenti da parte del governo, da lunedì gli atti del fisco ricominceranno a partire. Qualcosa che il governo intende scongiurare perché significherebbe file agli sportelli dell’agente della riscossione e alle Poste per ritirare le raccomandate.

Uno scenario da film horror vista la pandemia e che potrebbe vanificare gli sforzi fin qui sostenuti dagli italiani. Basterebbe questo dato per comprendere quanto sia pericolosa la crisi di governo ma c’è di più. Tutt’altro che secondario è il dossier sugli ulteriori aiuti alle attività economiche travolte dalla pandemia. Si tratta del cosiddetto decreto Ristori 5 che è appeso alle evoluzioni politiche anche se, almeno sulla carta, nulla osta a che un esecutivo dimissionario vari questi atti che rientrano nella ordinaria amministrazione.

CORSA CONTRO IL TEMPO. Così per evitare che la mossa di Renzi ricada sulla testa degli italiani, il governo sta preparando un calendario per affrontare queste urgenze. Si partirà con un Consiglio dei ministri che si terrà nel weekend e che verterà sulla proroga dello stop all’invio delle cartelle fiscali. Un provvedimento urgente su cui, salvo colpi di scena dovuti proprio allo scenario politico instabile, dovrebbe arrivare il disco verde. Per il decreto Ristori 5, invece, la questione è più complicata e sarà affrontata la prossima settimana. Contrariamente ai quattro precedenti decreti Ristori che seguivano un certo modello, quello su cui sta lavorando il premier Giuseppe Conte dovrebbe essere completamente nuovo.

Se in passato venivano parametrati i contributi a fondo perduto dalla perdita di fatturato di aprile rispetto allo stesso mese del 2019, con inevitabili disparità di trattamento, la nuova ricetta voluta dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, si basa su un meccanismo perequativo che dovrebbe guardare alle perdite dell’intero anno pandemico, anche se questo allungherà i tempi per l’erogazione. Ma se il governo farà di tutto per portare a casa questi provvedimenti, ancor più incerto è il desino relativo al pacchetto lavoro per il quale manca ancora un punto di caduta sulla proroga della Cassa integrazione e del blocco dei licenziamenti. Ma sullo sfondo c’è soprattutto il destino del Recovery plan che dovrà essere presentato a Bruxelles entro fine aprile per poter accedere ai 220 miliardi di euro destinati all’Italia. Una deadline che, in caso di elezioni, difficilmente potrebbe essere rispettata.