Case popolari, la Regione Lazio diventa azienda: contratti d’affitto come per i privati e sfratti più semplici

Sulle case popolari la Regione Lazio punta ad agire come un'azienda, con contratti di locazione di 4 anni e decadenza più semplice.

Case popolari, la Regione Lazio diventa azienda: contratti d’affitto come per i privati e sfratti più semplici

Il piano è chiaro: gestire le case popolari come se la Regione Lazio fosse non un’istituzione ma un’azienda. Il piano dell’amministrazione guidata da Francesco Rocca è di accentrare la gestione degli alloggi Ater, riducendo i poteri del Comune di Roma, e puntare su un modello diverso rispetto al passato, con regole molto più stringenti e veri e propri contratti di affitto.

La riforma, con la bozza ancora in stato embrionale e comunque ferma da due mesi, è sul tavolo dell’assessore regionale alle Politiche abitative, Pasquale Ciacciarelli. L’intenzione è di gestire gli alloggi come un privato che li affitta, tanto da far diventare la decadenza molto più semplice e immediata rispetto a oggi.

Il confronto sul piano partirà domani, con l’incontro con i sindacati. Rocca sembra voler assumere maggior controllo, limitando il Comune anche sui bandi e le assegnazioni. Nonostante il già paventato rischio di un caos totale con due diverse graduatorie per i cittadini di Roma in attesa.

La Regione punta su una nuova gestione delle case popolari

Il tentativo della Regione è di imprimere una stretta su abusivi e morosi, magari riuscendo a recuperare crediti per sistemare le casse di Ater. Da gestire c’è intanto il conflitto con il Campidoglio, che gestisce 25mila appartamenti e vorrebbe il controllo anche del patrimonio regionale. Ma Rocca punta a fare l’esatto opposto, commissariando il Comune e fissando i criteri per gli alloggi e le regole per il canone di locazione. Il cui importo minimo potrebbe essere di 35 euro.

Un’altra novità su cui punta la Regione riguarda la durata di un rapporto, che lo rende molto simile a un contratto di locazione tra privati: quattro anni rinnovabili per altri quattro. E alla fine di questo periodo il nucleo dovrà dimostrare di avere ancora i requisiti per beneficiare di un alloggio Erp.

Ciò non vuol dire che le famiglie non possono restare per tutta la vita in un alloggio, ma devono dimostrarlo di continuo. E se aumenta il reddito o si registrano irregolarità nella gestione dell’immobile, allora perderanno la casa. Oggi, invece, il rapporto è di fatto permanente, pur con la possibilità di una verifica a campione dei requisiti. Senza, però, scadenze.

Una stretta tira l’altra

La Regione vuole introdurre una stretta anche sui morosi: se una famiglia, prima del rinnovo, non paga per quattro mesi il canone o gli oneri (pulizia e bollette per esempio) va incontro alla decadenza immediata. Insomma, il piano della Regione è di mettere “a reddito gli immobili”, come scritto nella bozza. Il principio dell’edilizia popolare di fatto decade facendo diventare la Pisana una sorta di azienda.

La stretta riguarda anche i requisiti per ottenere gli alloggi: la Regione vuole una garanzia che le famiglie possano pagare, quindi in caso di Isee zero o al di sotto della soglia minima stabilita, il richiedente dovrà fornire una prova di fonti di sostentamento adeguate. E verrà così escluso chi lavora in nero.

Verrà escluso anche chi ha condanne penali passate in giudicato (in caso di mancata riabilitazione): è sufficiente che l’abbia una sola persona in tutto il nucleo e l’intera famiglia è fuori. La stretta riguarderà diversi reati (dalle droghe alla prostituzione), ma anche gli occupanti: chi ha partecipato a un’occupazione abusiva è escluso dalla possibilità di chiedere l’alloggio.

I cantieri fermi delle case popolari

In attesa delle nuove regole, intanto, per l’Ater regionale i guai da affrontare sono anche altri. Perché i cantieri per ristrutturare e migliorare l’efficienza energetica degli alloggi sono fermi. Ci sono 52 milioni di euro a disposizione per una prima tranche di sei lotti per i cappotti termici, gli impianti fotovoltaici e i nuovi infissi.

Ma, come denuncia l’ex assessore regionale alle Politiche abitative e oggi consigliere regionale del Pd, Massimiliano Valeriani, è tutto fermo. Nonostante i cantieri siano “già aperti” e le risorse siano state “stanziate”. Per questa ragione Valeriani chiede alla Regione, considerando il suo attuale immobilismo, di affidare tanto i cantieri quanto la gestione degli alloggi al Comune.

Ci sono in ballo anche 300 milioni di euro legati ai lavori del Superbonus 110%, ma al momento è tutto bloccato. I cantieri riguardano diverse zone di Roma: da viale Morandi a Tor Sapienza a via Gasparri a Primavalle, da via Sanguto al Quadraro ad aree come quelle di Spinaceto, Laurentino e Tor Vergata.