Caso Almasri, indagata la capa di gabinetto di Nordio, Bartolozzi. Secondo le accuse avrebbe mentito ai Pm sulla vicenda del generale libico

Il Tribunale dei ministri iscrive la capa di gabinetto di Nordio, Bartolozzi, nel registro degli indagati. Il ministro difende la sua collaboratrice

Caso Almasri, indagata la capa di gabinetto di Nordio, Bartolozzi. Secondo le accuse avrebbe mentito ai Pm sulla vicenda del generale libico

La notizia era nell’aria da oltre un mese. Ieri è arrivata la certezza: Giusi Bartolozzi, attuale capo di Gabinetto del Ministero della Giustizia, Carlo Nordio, è indagata dalla Procura di Roma in relazione al caso di Osama Njeem Almasri, il comandante libico ricercato dalla Corte penale Internazionale, arrestato in Italia lo scorso gennaio e rimpatriato in tempi record in Libia su un volo di Stato.

Bartolozzi avrebbe mentito ai Pm

L’iscrizione di Bartolozzi, fedelissima di Nordio, si inserisce in un fascicolo più ampio che vede già iscritti altri rappresentanti del Governo. Il Tribunale dei ministri ha già chiesto alla Camera l’autorizzazione a procedere nei confronti del sottosegretario Alfredo Mantovano, del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e dello stesso Nordio.

Le accuse ruotano attorno alla gestione del mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale e al coordinamento delle operazioni successive per il rimpatrio. Il reato ipotizzato nei confronti della Bartolozzi è quello previsto dall’articolo 371 bis del Codice penale, ovvero false dichiarazioni al Pm.

“Ricostruzione inattendibile e mendace”, dicono i pm

Atti e testimonianze raccolti dai magistrati attribuirebbero a Bartolozzi un ruolo chiave nelle comunicazioni interne al Ministero nei giorni critici tra l’arresto di Almasri, il 19 gennaio, e il suo rientro in Libia, avvenuto il 21. Il Tribunale dei ministri dopo aver ascoltato Bartolozzi aveva giudicato la versione fornita sui fatti ‘inattendibile e mendace’. Ufficialmente dal ministero di Grazia e Giustizia non è trapelato alcun commento, ma fonti interne fanno sapere che “non ci sarebbe alcuna preoccupazione”.

Nordio deciso a difendere la sua protetta

Ieri comunque Bartolozzi ha tenuto in via Arenula due importanti riunioni: prima ha visto Nordio, poi ha incontrato i due sottosegretari. A quanto trapela comunque la linea di Nordio sull’indagine resta quella di fare quadrato attorno alla sua capo di gabinetto, così come il ministro aveva già fatto intendere nelle scorse settimane. Intanto per oggi nella Giunta per le autorizzazioni che sta discutendo del caso è previsto l’intervento del relatore Federico Gianassi.

Per l’Avs Angelo Bonelli, “l’iscrizione di Bartolozzi al registro degli indagati è un fatto di enorme rilievo politico e istituzionale”, tanto che per Bonelli “il caso Almasri rischia di diventare il Watergate italiano: mina la credibilità delle istituzioni e mette in discussione il rispetto stesso dello Stato di diritto”.

M5s: “Seguito inevitabile di una vicenda vergognosa”

E di un’indagine “inevitabile seguito di una vicenda vergognosa che da gennaio infanga il buon nome e la credibilità delle nostre istituzioni”, parlano invece i rappresentanti del M5S nelle commissioni Giustizia della Camera e del Senato Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero De Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e Roberto Scarpinato.

Per i pentastellati “in quelle tragiche 48 ore il governo italiano ha fatto scempio della legalità e della trasparenza per far scarcerare Almasri e accompagnarlo in Libia con gli onori del volo di Stato, dagli atti abbiamo già visto che al ministero della Giustizia ne sono successe di cotte e di crude. Nei giorni successivi i ministri Piantedosi e Nordio hanno mentito al Parlamento e a tutti gli italiani”.

“Ora abbiamo la capo di gabinetto Bartolozzi, magistrato, accusata di avere mentito ai magistrati”, aggiungono, “Giorgia Meloni deve rispondere di fronte al Paese e al Parlamento per questa vicenda disgustosa, se non lo farà lei, sarà la storia ad assegnarle la responsabilità, era lei il capo del governo nei mesi in cui tra Palazzo Chigi e i ministeri si manovrava per mettere in salvo un trafficante di esseri umani stupratore di bambini”, concludono.