Caso Almasri, Nordio nella bufera prende tempo: “Riferiremo in Parlamento quando sarà il momento“

Nordio prende tempo sul caso Almasri: “Riferiremo quando sarà il momento“. E assicura: “Gli atti smentiscono quanto riportato dai giornali“

Caso Almasri, Nordio nella bufera prende tempo: “Riferiremo in Parlamento quando sarà il momento“

“Riferiremo in Parlamento quando sarà il momento, però gli atti che abbiamo smentiscono radicalmente quello che è stato riportato sui giornali.” Con questa frase, pronunciata a margine della Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha provato a liquidare (per ora) l’ennesima giornata di bufera sul caso Almasri. Resta da capire il quando di quel “quando sarà il momento”. Per il momento Nordio, escludendo le sue dimissioni, ribadisce che non ci sono novità rispetto a quando ha riferito in Parlamento, sostenendo che l’unico elemento da valutare sono le “eventuali violazioni di atti riservati di cui non si riesce a capire come qualcuno sia arrivato in possesso”.

Il punto: una verità giudiziaria contro la versione governativa

Di certo c’è che le indagini del Tribunale dei ministri volgono alla conclusione. E che dagli atti del fascicolo e dalle anticipazioni di stampa sono emersi elementi che smontano la versione offerta dal governo al Parlamento sulla vicenda. Nordio aveva affermato che il suo dicastero fu informato del caso lunedì 20 gennaio. Ma le email interne rivelano che già il giorno prima, domenica 19, la sua capo di gabinetto riceveva comunicazioni dettagliate sul fermo e raccomandava “massimo riserbo e cautela”.

Il fermo del generale libico (e presunto torturatore) Mahmoud Almasri, su cui pendeva un mandato di cattura della Corte penale internazionale, effettuato dalla Digos di Torino, avrebbe potuto essere regolarizzato. Invece venne scarcerato e riconsegnato ai libici con un volo di Stato. La versione ufficiale ha retto per qualche settimana, ma ora crolla sotto il peso delle nuove rivelazioni di stampa. Alimentando il sospetto che la decisione di rimpatriarlo fu l’effetto di una scelta politica.

Nell’inchiesta, oltre a Nordio, nei confronti del quale si sono alzate richieste (oltre che di dimissioni) di informative urgenti da parte delle opposizioni – per ora rispedite al mittente, perché secondo il ministro Luca Ciriani “ci vuole tempo” – sono coinvolti a vario titolo anche la premier Giorgia Meloni, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. I reati ipotizzati sono favoreggiamento e peculato. Per Nordio anche l’omissione d’atti d’ufficio.

Anche se il rischio di un processo per tutti e quattro è praticamente nullo: sarà necessaria, nel caso in cui il Tribunale dei ministri ritenesse di andare avanti, l’eventuale autorizzazione a procedere da parte del Parlamento a maggioranza di centrodestra che difficilmente sarà concessa.

Le reazioni dell’opposizione

Intanto, l’opposizione ha alzato il tiro. “È chiarissimo che Nordio e Meloni hanno mentito”, ha dichiarato la senatrice Raffaella Paita (Italia Viva), chiedendo l’immediato passo indietro del Guardasigilli o, in alternativa, del suo capo di gabinetto.

Per il Partito Democratico, il comportamento del ministro è definito “gravissimo”, poiché mina l’affidabilità delle istituzioni di fronte alla comunità internazionale. “Chi ha mentito al Parlamento, non può restare un giorno di più al proprio posto”, è la linea espressa da più esponenti dem nella mattinata di oggi.

Intanto la Libia non pare intenzionata a lasciar correre: la procura generale di Tripoli ha aperto un procedimento contro lo stesso Almasri per le accuse mosse dalla Corte penale internazionale, e non è escluso che il caso si riapra proprio lì dove avrebbe dovuto essere consegnato.

Una crepa tra Palazzo Chigi e via Arenula

In questo scenario, anche i retroscena raccontano di tensioni crescenti all’interno dell’esecutivo. Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, Giorgia Meloni sarebbe furiosa” per ”le talpe al ministero della Giustizia” e il timore che il pasticcio diplomatico sul torturatore Almasri si possa trasformare in una débacle politica quando saranno depositate le carte al Tribunale dei ministri la prossima settimana”.

L’ipotesi che Nordio finisca tra i destinatari di una richiesta di rinvio a giudizio è, per ora, solo una possibilità. Ma le accuse formali di omissione d’atti d’ufficio sono in campo, e su questo la difesa a mezzo stampa del ministro (“gli atti che abbiamo smentiscono i giornali”) assomiglia più ad un tentativo di prendere tempo.