Caso Biagi, l’ipotesi è omicidio per omissione

dalla Redazione

La procura di Bologna ha riaperto l’inchiesta, precedentemente archiviata, sui comportamenti omissivi di funzionari di Stato nella revoca della scorta al giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Br il 19 marzo del 2002. L’ipotesi di reato è omicidio per omissione. L’inchiesta è derivata anche da documenti sequestrati nell’inchiesta sul conto dell’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola. Secondo elementi raccolti nell’inchiesta, Scajola sarebbe stato avvisato con una lettera da un parlamentare che Biagi era in grave pericolo.

A chiedere la riapertura delle indagini era stato il pm Antonello Gustapane. A motivare la riapertura delle indagini, alcuni documenti sequestrati dalla Procura di Roma in tutt’altra indagine, recentemente trasmessi a Bologna. Le carte sarebbero state in possesso di Luciano Zocchi, ex segretario di Scajola, l’ex ministro dell’Interno arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di aver favorito la latitanza del collega di partito Amedeo Matacena.

Il ministero dell’interno, che a quel tempo era appunto diretto da Scajola, aveva ritirato la scorta al professore nonostante le sue continue richieste. A far discutere nei mesi successivi l’omicidio, l’articolo del Corriere della Sera in cui si riportava un commento dello stesso Scajola: “A Bologna hanno colpito Biagi che era senza protezione ma se lì ci fosse stata la scorta i morti sarebbero stati tre. E poi vi chiedo: nella trattativa di queste settimane sull’articolo 18 quante persone dovremmo proteggere? Praticamente tutte”. Ma sopratutto il commento che più scosse l’opinione pubblica: “Non fatemi parlare. Figura centrale Biagi? Fatevi dire da Maroni se era una figura centrale: era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza”.

Nel frattempo è durato circa 2 ore e mezza il colloquio nel carcere Regina Coeli di Roma tra l’ex ministro e il suo avvocato Giorgio Perroni. “Sta bene, abbiamo parlato principalmente del processo e poi del più e del meno – ha detto all’Adnkronos Perroni – Sull’archivio e sulla lettera di cui parlano tanto i giornali io non so niente. Noi conosciamo le vicende che ci sono state contestate a Roma e per le quali si è già svolto l’interrogatorio. Quella lettera non è stata sequestrata a noi e quindi non siamo in grado di fare nessun commento”. Sarà invece interrogata venerdì prossimo Chiara Rizzo, la moglie di Matacena, che da ieri si trova nel carcere di Reggio Calabria.