Una Fontana di guai per la Lega. Per i pm il governatore e la moglie sapevano del conflitto d’interessi nell’affaire camici

Dal cellulare di Roberta Dini, moglie del governatore Fontana, emerge che la donna “era ben a conoscenza delle dinamiche interne alla presente vicenda oggetto di indagine (l’affaire camici, ndr), non solo in ragione della sua posizione; derivante dai legami di parentela, ma per la funzione consultiva e di raccordo di cui si e’ detto”. A scriverlo sono i magistrati di Milano in relazione alla donna, non indagata, “si confrontava regolarmente con il fratello e gli metteva a disposizione la sua rete di contatti”.  Inoltre, si legge nell’atto, “è quest’ultima (la Dini, ndr) ad averlo notiziato del bonifico di 250mila euro disposto dal marito Attilio Fontana, a ristoro dei costi sostenuti per la fornitura dei camici sino a quel momento consegnati. Infine, come si è visto, Roberta Dini si consultava con il fratello anche in relazione alla linea mediatica da seguire con i giornalisti della trasmissione di inchiesta Report”.

Sono state 48 ore di fuoco quelle vissute dal presidente della Lombardia, Attilio Fontana. Nel volgere di due giorni, infatti, sono tornate alla ribalta le due indagini che più di tutte stanno tormentando il Pirellone ossia quella sul cosiddetto camicigate e quella sui test sierologici affidati alla Diasorin. In entrambi i casi si è trattato di acquisizioni di dati contenuti nei cellulari degli indagati o di persone coinvolte a vari titolo nelle relative inchieste. Come noto l’inchiesta che preoccupa di più è quella relativa alla fornitura da mezzo milione di euro affidata a Dama spa, società di Andrea Dini che altri non è che il cognato del governatore Fontana, di 75mila camici e di altri dispositivi di protezione individuale.

Un’operazione che è stata successivamente trasformata in donazione quando è venuto a galla il conflitto di interessi e che quindi non è mai stata completata. Nell’ambito di quest’indagine tra gli smartphone finiti all’attenzione della Guardia di Finanza di Milano, su ordine del procuratore Francesco Greco, ci sono i telefoni di Roberta Dini, ossia la moglie di Fontana e titolare del 10% della Dama spa, e quelli degli assessori lombardi Davide Caparini, Raffaele Cattaneo e di Giulia Martinelli che ricopre il ruolo di capo della segreteria del presidente della Lombardia e che in passato è stata la compagna del leader della Lega Matteo Salvini. È bene precisare che l’acquisizione, come precisato a chiare lettere dalla Procura, è “presso terzi” e ciò significa che i quattro, allo stato attuale, non sono indagati. Non solo. Sempre secondo gli inquirenti, l’operazione non ha riguardato il telefono di Fontana ma solo quello di altri due indagati ossia l’ex dg di Aria, Filippo Bongiovanni, e la dirigente della centrale di acquisti.

Contrariamente a quanto potrebbe sostenere qualcuno, non si tratta di acquisizioni fatte a casaccio. Al contrario gli inquirenti procedono per “parole chiave” e quindi in modo mirato, estraendo solo contenuti ritenuti inerenti all’indagine. Un provvedimento che, come spiegato dai finanzieri, si è reso necessario alla luce delle testimonianze messe a verbale da testi sentiti nei mesi scorsi e su cui evidentemente i pm stanno cercando riscontri. La Gdf ha acquisito il contenuto anche dei telefonini di alcuni tra il personale dello staff di Fontana e di altri personaggi secondari. Oggi pomeriggio verra’ dato l’incarico a un consulente della Procura per selezionare il contenuto in base a parole chiave, conferimento a cui possono partecipare gli indagati, i difensori ed eventuali loro esperti nominati per le operazioni.

Soltanto il giorno prima, un’operazione per certi versi analoga era scattata anche nell’ambito dell’inchiesta sul caso Diasorin da parte della Procura di Pavia. Mercoledì, infatti, i finanzieri hanno bussato a casa del presidente della Regione Fontana, a quella dell’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera e, in ultimo, anche nell’abitazione della responsabile della segreteria del governatore lombardo Martinelli, per effettuare la copia forense dei loro cellulari. I tre, è bene precisarlo, non risultano indagati e le acquisizioni sono avvenute per ricostruire le chat intercorse tra il Pirellone e i vertici del San Matteo di Pavia. Proprio per questo l’avvocato Jacopo Pensa, legale del governatore, ha spiegato che “il presidente Fontana non è indagato, ha subito una perquisizione presso terzi” e “non gli è stato sequestrato nulla ma è stata effettuata copia del contenuto del cellulare”, dichiara Pensa, avvocato del governatore.

“È grave però il fatto che la perquisizione sia avvenuta con modalità non pertinenti alle finalità dell’operazione con un decreto non circostanziato ma applicabile a chiunque, con evidenti criticità di carattere costituzionale vista la ovvia presenza di conversazioni di carattere istituzionale nel cellulare del presidente Fontana. Sarebbe stato sufficiente un invito a fornire i dati telefonici per raggiungere il medesimo risultato investigativo. Valuteremo se impugnare il provvedimento per una verifica giurisdizionale sulla correttezza formale e sostanziale dell’atto disposto” ha spiegato Pensa. Le acquisizioni riguardano l’inchiesta che coinvolge la Regione, l’azienda Diasorin e il Policlinico e verte sull’assegnazione diretta – quindi senza gara d’appalto – dell’incarico sullo sviluppo dei test sierologici e molecolari diagnosici del Covid-19. Un fascicolo in cui, al momento, si contano otto indagati tra cui i vertici del San Matteo e della società coinvolta.