“Alexei Navalny è stato avvelenato”. Con queste parole Yulia Navalnaya, vedova del principale oppositore di Vladimir Putin morto nel 2024 in una colonia penale siberiana, ha rilanciato l’accusa contro il Cremlino, parlando apertamente di omicidio politico.
In un messaggio diffuso sui social e ripreso da diversi media indipendenti, Navalnaya ha raccontato che nel febbraio 2024, poco prima della morte del marito, era riuscita a ottenere alcuni campioni biologici e a trasferirli all’estero. «Li abbiamo consegnati a un laboratorio in uno dei Paesi occidentali. Successivamente, due laboratori in due Paesi diversi hanno condotto analisi e hanno concluso che Alexei era stato avvelenato», ha dichiarato.
“Putin colpevole della morte di mio marito”
Yulia Navalnaya non ha usato mezzi termini: “Non resterò in silenzio. Affermo che Vladimir Putin è colpevole dell’omicidio di mio marito. Accuso i servizi segreti russi di aver sviluppato armi chimiche e biologiche proibite”.
La vedova ha chiesto che i laboratori che hanno condotto le analisi pubblichino i risultati “perché si tratta di dati di interesse pubblico”. E ha ammonito i leader occidentali: «Smettetela di flirtare con Putin per motivi di potere. Non riuscirete a placarlo. Finché rimarrete in silenzio, non si fermerà».
Secondo quanto riferito dal giornale indipendente Meduza, il team di Navalny avrebbe inoltre raccolto testimonianze di cinque dipendenti della colonia penale in cui il dissidente era detenuto: tutti avrebbero parlato di convulsioni avute da Navalny poco prima della morte.
La replica del Cremlino
Alle accuse di Yulia Navalnaya ha risposto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, che ha liquidato la questione con poche parole: «Non so nulla di queste dichiarazioni. Non posso dire nulla al riguardo», ha dichiarato all’agenzia russa Tass.
Un caso che scuote ancora la Russia
Alexei Navalny, considerato il più influente oppositore politico di Putin, era detenuto in Russia dal 2021 dopo una serie di processi giudicati da osservatori internazionali come politicamente motivati. Nel febbraio 2024 la sua morte in carcere aveva suscitato indignazione e proteste in tutto il mondo, riaccendendo le accuse di repressione politica e di utilizzo di metodi violenti contro il dissenso.