Cause sanitarie, l’avvocato uccide il medico

di Clemente Pistilli
Il video con gli avvoltoi sta diventando un caso. Non più oggetto di un semplice braccio di ferro tra medici e avvocati. Lo spot è diventato il pretesto per portare alla luce le spaccature interne alle due categorie sul tema della malasanità. Mentre l’Associazione medici accusati di malpractice ingiustamente, l’Amami, ha preso l’iniziativa sostenendo che troppe sono le speculazioni nelle cause con cui vengono chiesti maxi risarcimenti per presunti danni causati dai camici bianchi e il Consiglio nazionale forense ha reagito sostenendo che è stato gettato fango sull’intera categoria dei legali, l’Organismo unitario dell’avvocatura da un lato e il Sindacato medici italiani dall’altro invitano ad abbassare i toni e puntano su due aspetti fondamentali del problema: la necessità di tornare a forme di vera collaborazione tra professionisti e nuove leggi utili a tutelare tanto i pazienti quanto i sanitari.

Le toghe

L’Oua non sembra considerare il video sugli avvoltoi un attacco a tutti gli avvocati e, a differenza del Cnf, getta acqua sul fuoco. “Occorre premettere – ci tiene a sottolineare l’avvocato Nicola Marino, presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura – che questo attacco non arriva dall’Ordine dei medici, rappresentante istituzionale della categoria, ma da alcune associazioni e ritengo poi che l’attacco non sia diretto all’avvocatura come categoria professionale, bensì ad alcune associazioni o professionisti inseriti in determinate associazioni, che richiamano l’attenzione dei cittadini sulle colpe dei medici”. Per il presidente Marino, se si vuole risolvere il problema della malasanità, dei pazienti che chiedono di essere risarciti per danni o presunti tali e dei medici che reclamano la giusta tutela e serenità per poter svolgere il proprio lavoro, occorre cambiare strada. “Faccio appello al senso di appartenenza alle categorie professionali – ci ha dichiarato il numero uno dell’Oua – e alla giusta solidarietà tra professionisti. Mele marce del resto ci sono ovunque, ma di mele marce appunto parliamo”. Secondo Marino polemiche come quelle di questi giorni sono inoltre il frutto di liberalizzazioni selvagge nel mondo delle professioni ed è fondamentale un maggior rigore nell’iscrizione agli albi professionali.

I camici bianchi

A cercare di smorzare le polemiche sul video degli avvoltoi sono poi gli stessi medici. L’iniziativa dell’Amami viene considerata dal Sindacato medici italiani, lo Smi, uno “spot di cattivo gusto”. Il segretario generale dell’organizzazione sindacale, Salvo Calì, è chiaro: “Tra professionisti non ci si può comportare così. C’è sicuramente chi specula, ognuno del resto fa il suo mestiere, ma non è questo il modo di rispondere a quelle che sono aggressioni quotidiane. Non si possono accusare altri professionisti e non ci si può comportare come scaricatori di porto”. Lo spot dell’Amami contro chi incita i pazienti a fare causa non convince così gli stessi medici. Per il sindacato il problema c’è ed è enorme, ma va affrontato diversamente, chiedendo al Parlamento delle leggi adeguate e assicurando adeguate garanzie assicurative ai camici bianchi. Dallo Smi arriva poi l’invito alla cautela nel ricorrere alle vie legali denunciando episodi di malasanità: “In questo Paese la cultura è diventata quella che non ci si può ammalare né morire senza che ci sia un colpevole di qualcosa, ma non è così. Il medico, del resto, cerca sempre di fare il bene del paziente ed è da sfatare anche il mito che i medici siano una categoria privilegiata, visto che ormai il 20% di loro sono precari”. La stessa Cassazione, come ricorda il dott. Calì, ha stabilito che la colpa del medico va provata e non presunta. L’appello, schermaglie tra professionisti a parte, è così alla politica, affinché ponga ordine sul fronte della responsabilità medica, a tutela di tutti, senza costringere la magistratura a fare da eterna supplente.