Un documento pesantissimo contro le (non) politiche del governo Meloni su sovraffollamento carcerario. È quello sottoscritto all’unanimità il 12 luglio scorso dalla giunta dell’Anm. Abbiamo chiesto al magistrato Stefano Celli, vicesegretario generale Anm, di spiegarci perché questo atto tanto deflagrante.
Celli, cosa dicono i documenti licenziati dall’ultimo Comitato direttivo dell’Anm?
“L’Anm ha messo a fuoco i problemi principali, individuato le maggiori criticità, suggerito soluzioni. La vera emergenza è, oggi, il sovraffollamento intollerabile. Peggiora drammaticamente le condizioni di vita, impedisce il trattamento, cioè il sostegno all’opera di rieducazione, finalità principale della sanzione penale”.
Esiste un problema di organici?
“L’organico dei magistrati di sorveglianza è assolutamente insufficiente: sono appena 250 per oltre 60mila detenuti. Inoltre, gli addetti all’ufficio per il processo, risorse aggiuntive previste dal PNRR, sono stati indirizzati a tribunali e corti d’appello. Questi hanno smaltito arretrato e, di conseguenza, hanno aumentato il carico degli uffici di sorveglianza…”.
Però l’esecutivo ha promesso di intervenire…
“Ora il Governo afferma che destinerà gli addetti anche alla sorveglianza, ma si tratta di una misura inefficace e tardiva: quelli stabilizzati o comunque assunti saranno meno della metà di quelli previsti dal PNRR e gli uffici destinatari sono aumentati, sicché l’aiuto che la sorveglianza riceverà sarà assolutamente modesto”.
Come Anm avete denunciato anche l’immobilità seguita al decreto Carcere sicuro, perché?
“Aumentano i reati e si aggravano le pene esistenti. Un anno fa il decreto Carcere sicuro aveva previsto, fra l’altro, l’aumento del personale, la creazione entro sei mesi di un albo delle strutture destinate a ospitare condannati meritevoli di misure alternative ed è stata anche modificata la disciplina della liberazione anticipata. Dopo un anno non c’è traccia dell’albo, le carenze di organico sono state intaccate solo per il personale civile, la disciplina della liberazione anticipata ha reso complicata e incerta la decisione. La proposta dell’on. Giachetti che ampliava la liberazione anticipata è oggi l’unico strumento concreto per abbassare pressione e temperatura nelle carceri. Il Governo, però la respinge con tutte le sue forze, ritenendola diseducativa. Ma cosa c’è di educativo in uno Stato che non garantisce il rispetto dei diritti umani ai detenuti?”
Lei ha sta partecipando a uno sciopero della fame a staffetta per chiedere soluzioni all’emergenza carcere. Perché?
“A distanza di ormai due anni dai primi allarmi sul carcere e sulle condizioni dei detenuti, la politica non riusciva a muovere alcun passo concreto in avanti, abbiamo pensato di impegnare “il nostro corpo”. Tutti avevamo partecipato a convegni, rilasciato interviste, scritto pareri, fatto proposte. Qualche risposta, timida, qualche accenno, a volte anche dalla maggioranza, ma in concreto nessuna misura concreta, neppure l’inizio di una discussione. E allora abbiamo capito che dopo il cuore e la mente occorreva impegnare il corpo. Hanno aderito ad oggi più di 250 fra avvocati e magistrati, professori, studenti, comuni cittadini. Ora è la politica che deve fare la sua parte.”