Centrodestra diviso su tutto. A tenerlo unito ormai c’è solo la guerra. Ci sarà un vertice tra Salvini, Meloni e forse anche Berlusconi. Ma non si sa quando

Ci sarà un nuovo vertice tra i leader del centrodestra. Ma non si sa quando. Salvini: "Quando vogliono ci troviamo tutti".

Centrodestra diviso su tutto. A tenerlo unito ormai c’è solo la guerra. Ci sarà un vertice tra Salvini, Meloni e forse anche Berlusconi. Ma non si sa quando

È tutto pronto per l’ennesima messinscena, con annessa photo opportunity del centrodestra. Per ostentare una ritrovata unità mediatica, all’insegna del scurdammece o’ passato. Una sorta riedizione di quanto avvenuto nei giorni della candidatura di Silvio Berlusconi al Quirinale, con i leader sorridenti che giuravano sulla granitica tenuta della coalizione e il supporto al Cav.

Ci sarà un nuovo vertice tra i leader del centrodestra. Ma non si sa quando

Una sinfonia di buone intenzioni che si è dimostrata decisamente stonata fin dai primi passaggi in Parlamento. Con simili presupposti, nelle ultime ore ha preso forma l’ipotesi di un vertice, che dovrebbe tenersi nei prossimi giorni, tra Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi o con Antonio Tajani in sua vece.

Inizialmente si parlava di Roma, poi ha preso consistenza l’opzione di un summit a Milano. Ma la sede non cambia la situazione. Dopo settimane in cui sono volati stracci c’è il tentativo di voler mettere una pietra sopra i litigi e ricucire in vista delle prossime Comunali.

Salvini ha ribadito oggi la disponibilità ad un vertice del centrodestra. “Quando vogliono ci troviamo tutti. Votano mille comuni – ha detto al Tg3 il leader della Lega -, nel 99 per cento dei comuni il centrodestra è unito, e quanto è unito vince. In casi come Parma, Verona o Viterbo questa unità bisogna ancora trovarla”.

Ma il clima è, appunto, quello della concordia a favore di telecamera. La rottura è nei fatti e anche nelle tempistiche. Dopo la debacle alle Amministrative del 2021, Salvini aveva promesso che per le successive elezioni i nomi sarebbero stati fatti “prima di Natale”. Nel frattempo è arrivato il 2022 ed è stata salutata l’Epifania e pure la Pasqua. Ma di nomi condivisi non se ne sono visti. Il tentativo di rimettere in ordine le cose è alquanto complicato.

Da un lato, infatti, Salvini si mostra aperto all’incontro tra leader, ma dall’altro punzecchia Meloni. “Fratelli d’Italia va da sola in diverse città, Palermo, Catanzaro, Parma, Jesolo”, ha ricordato, come promemoria della spaccatura nella coalizione. O di quello che ne resta. Anche tra i corridoi della Camera non si percepisce un grande ottimismo sulla possibilità di trovare un’intesa duratura.

“Da qui al prossimo anno sarà tutta una continua campagna elettorale tra Salvini e Meloni. Entrambi ambiscono ad avere il maggior numero di voti e diventare il punto di riferimento del centrodestra. Solo che per la Lega è solo un auspicio, perché le possibilità di controsorpasso sono remote”, osserva, a microfoni spenti, un parlamentare di Forza Italia.

“Solo che – aggiunge – per fare il leader di un’alleanza non servono solo i voti. Ma occorre anche essere capaci di fare una sintesi, come si è sempre sforzato di fare Silvio Berlusconi. Altrimenti diventa un braccio di ferro inconcludente”. Proprio quello che si sta profilando.

Il primo terreno di scontro è, inevitabilmente, quello delle prossime scadenze elettorali. Le Comunali di giugno, ma ancora di più il voto in autunno alle Regionali in Sicilia, che storicamente rappresentano un termometro di quanto avviene successivamente alle Politiche. Su questo punto è ferrea la volontà di Meloni: ricandidare il presidente uscente Nello Musumeci, sfidando il niet degli altri due partiti, che hanno invece lavorato al lancio della lista “Prima l’Italia”.

In pratica l’embrione della possibile federazione e della ipotetica fusione forzaleghista, che tanto piace a una nutrita pattuglia peones di Fi. Vedono in questo scenario l’unica scialuppa di salvataggio per candidarsi ed eventualmente essere rieletti alle prossime elezioni. E magari smorzare il sovranismo salviniano, già indebolito dall’esperienza del governo Draghi. Ma Meloni interpreta l’operazione come un atto ostile. “Ora che il partito sta crescendo, per quale ragione dovrebbe avventurarsi nella creazione di un soggetto unico?”, si domandano dalle parti di Fdi.

“Fino a oggi – è il ragionamento che viene fatto nell’inner circle meloniano – è stata premiata la coerenza di Fdi, rimanendo all’opposizione rifiutando qualsiasi inciucio. E a un tratto dovremmo fare un partito unico con chi ha governato insieme al Pd e al Movimento 5 Stelle? Al massimo si deve parlare di alleanza”. Il prologo del duello siciliano nel centrodestra,è già visibile alle Comunali di Palermo, dove la divisione tra fazioni è ampiamente in corso.

Lega e Forza Italia hanno annunciato di puntare su Pasquale Cascio, nome che non è gradito a Fratelli d’Italia, orientata sul civico Roberto Lagalla, scelto dall’Udc di Lorenzo Cesa e dagli autonomisti di Raffaele Lombardo. Cosa aspettarsi allora dal nuovo vertice? “Sarà trovato un accordo, sancita una tregua per le amministrative. Ma il futuro è tutto da vedere”, chiosa un’altra fonte parlamentare. Che non nega lo scetticismo sulla durata dello stop alle ostilità interne. Aperte più che mai.