Altro che redditi medi e bassi. Dalla Cgil i veri numeri della Manovra di Draghi. Dà una mancia ai ricchi e ancora meno agli altri

Il taglio dell’Irpef di Draghi premia con una mancetta i più ricchi e lascia poche briciole a chi guadagna meno.

Altro che redditi medi e bassi. Dalla Cgil i veri numeri della Manovra di Draghi. Dà una mancia ai ricchi e ancora meno agli altri

La Cgil smonta il castello di carte che il grosso della stampa e Governo stanno cercando di mettere su con la favola che la nuova Irpef premierebbe le fasce più fragili e il ceto medio. Gli effetti strutturali su lavoratori e pensionati, che il sindacato guidato da Maurizio Landini calcola in uno spiegone sul fisco (qui il focus), sono frutto peraltro di elaborazioni sulla base dei dati comunicati ai sindacati dal Mef, al netto della decontribuzione che vale solo per un anno.

Con la riduzione delle aliquote prevista dalla riforma Draghi – da cinque a quattro (leggi l’articolo) – si interviene sui redditi di tutti i contribuenti, anche quelli più ricchi. Col risultato che avranno più benefici coloro che hanno redditi elevati e molto elevati. Se si abbassa la seconda aliquota (da 27 a 25%) non significa che ciò riguardi solo ed esclusivamente chi guadagna tra 15.001 euro e 28.000. Il sindacato di Landini fa un esempio. Se il mio reddito è 50.000 euro i miei primi 15mila euro saranno tassati al 23%, dai 15.001 a 28.000 al 25% (ora al 27%) e la parte restante al 35% (ora al 38%), con il risultato di circa 740 euro di tasse in meno da pagare.

Altro esempio: un operaio meccanico o un impiegato dei servizi con reddito di 26.000 euro vedrà tassata la prima parte di reddito al 23% e il resto (11mila) a 25% (anche qui, anziché 27%) ottenendo un vantaggio fiscale molto inferiore, circa 45 euro l’anno. I redditi dei lavoratori dipendenti fino a 35.000 euro – calcola la Cgil – sono i più penalizzati anche perché l’abbassamento dell’aliquota si compensa con l’effetto delle nuove detrazioni. E così a 35mila euro il beneficio fiscale si traduce in 88 euro l’anno mentre 5mila euro più avanti si tocca la vetta dello sconto fiscale più alto, ovvero 945 euro.

Idem per i pensionati: a 35mila euro lo sconto è di 299 euro a fronte dei 758 che si risparmiano a quota 50mila. Peccato che l’85% dei lavoratori dipendenti sia compreso entro la soglia dei 35mila euro, mentre entro la stessa soglia sia compreso l’87% dei pensionati. Altro che a beneficiare sia il ceto medio. Se guardiamo alla media dei redditi dichiarati – continua la Cgil – abbiamo la seguente situazione: lavoratori dipendenti 21.060 euro lordi annui; pensionati 18.290 euro lordi annui; totale dei contribuenti Irpef 21.800 euro lordi annui.

Nell’incontro con i sindacati del 2 dicembre il Governo ha sostenuto che il 47% dei 7 miliardi destinati al taglio dell’Irpef andranno ai redditi più bassi. Niente di più falso. Oltre tre miliardi sarebbero destinati a ridurre l’aliquota dal 27 al 25%, operazione che riguarda appunto tutti i contribuenti. Il Governo ha messo l’accento sull’innalzamento della no tax area. In realtà per i lavoratori dipendenti è invariata a 8174 euro (aumenta solo l’intervallo di applicazione).

Per i pensionati aumenta di 326 euro e arriva a 8500 euro. Per gli autonomi aumenta di 700 euro arrivando a 5500. Come falso risulta il mito secondo cui l’intervento sul fisco sostenga le donne e i più giovani. L’ultimo dato utile ci dice che oltre il 60% dei giovani fino a 34 anni di età e il 64% delle donne si collocano sotto i 25.000 di reddito.