Chi balla sui cadaveri delle donne

Lo slogan recita “Elimina tutte le tracce” e il manifesto campeggia in diverse strade di Napoli e provincia. La scena ritratta lascia ben poco all’immaginazione: in primo piano un uomo giovane, di bell’aspetto, tiene in mano un panno, quello sponsorizzato. Dietro di lui, sul letto, il corpo di una donna esanime che giace tra le lenzuola.
La scoperta di questi manifesti ha suscitato la pronta reazione delle associazioni in difesa delle donne, giustamente indignate. E anche Elsa Fornero, in qualità di ministro con delega per le pari opportunità, è intervenuta chiedendo all’Istituto per l’autodisciplina pubblicitaria il ritiro della cartellonistica in questione.
Polemiche gratuite? Questa volta no.
Uno slogan del genere, che ironizza sulla violenza alle donne e ci scherza su, in questo paese fa male. E fa male perché non è decente alleggerire, scherzandoci sopra, il peso dei 174 cadaveri delle donne che sono morte dall’inizio del 2012 fino ad oggi. Il sarcasmo in questo caso distorce la percezione del dramma che si consuma ogni giorno nel silenzio gelido delle mura domestiche.
L’Italia è ancora un paese di uomini che odiano le donne. Un posto in cui esistono ancora uomini che non concepiscono altro mezzo per rapportarsi e socializzare con le donne, che non sia la violenza, in tutte le sue declinazioni. I numeri parlano chiaro. Una donna su tre nel corso della propria vita ha subito qualche forma di violenza da parte del proprio coniuge, o partner, e il tasso degli omicidi che avvengono in ambito familiare o sentimentale arriva ormai a superare il 70% rispetto al numero totale delle donne vittime di omicidio all’anno.
Nel frattempo un ferreo negazionismo impone di sorvolare sull’aspetto caratterizzante di queste violenze, che sono perpetrate dagli uomini sulle donne in una prospettiva di genere.
In condizioni simili, ballare sui cadaveri non può diventare lo sport nazionale. Perché non fa ridere in alcun modo. Al contrario, fa piangere.
E’ quindi il caso di invitare i cosiddetti professionisti del marketing pubblicitario a informarsi di più, la prossima volta, e a usare se non altro maggiore delicatezza. In nome di quel che resta del buon gusto.