Ci mancavano solo i negazionisti del Covid. Salvini, Sgarbi, Bocelli, Siri & C. in campo perché “il virus non c’è più”

Niente da fare. C’è sempre qualcuno che si muove in ottica contraria alla scienza. Il punto è che stupisce che questo avvenga in Senato. Eppure il convegno organizzato al Senato da Vittorio Sgarbi e dall’esponente leghista Armando Siri è chiaro sin dal titolo: “Covid-19 in Italia, tra informazione, scienza e diritti”. L’evento ha riunito  in una tavola rotonda politici, scienziati, artisti e costituzionalisti. Fra loro alcuni distinguo ma un’unica certezza: lo stato di emergenza non deve essere prorogato.

L’ospite d’onore è Matteo Salvini. Il leader del Carroccio si presenta a Palazzo Madama senza mascherina e, anche dopo le sollecitazioni di un funzionario, non indossa quella consegnatagli da un membro del suo staff. “C’è la sensazione di essere a un raduno di carbonari, ma io fra la gente strana mi trovo benissimo”, dice in apertura del suo intervento prima di attaccare il governo che “sta facendo un danno economico devastante al Paese”. L’ex ministro dell’Interno prende poi in prestito le parole pronunciate nel suo intervento dal giudice emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese. “Non si può prorogare lo stato di emergenza se l’emergenza non c’è’. I numeri sono numeri”, dichiara. Salvini parla della necessità di un ritorno alla normalità in tempi brevissimi. Posizioni che dal punto di vista scientifico hanno fra i suoi massimi esponenti Alberto Zangrillo, primario dell’unità operativa di anestesia e rianimazione del San Raffaele di Milano. Il dottore rivendica la sua frase sul virus “clinicamente inesistente” che tanto fece discutere mettendo in evidenza come la curva della letalità “si sta azzerando”. La ricetta è quella di comportarsi “con buonsenso e ottimismo” evitando gli estremismi che possono portare le persone a “non andare in ospedale per paura”.

Il colpo di scena arriva con l’intervento di Andrea Bocelli. Il tenore fiorentino infatti fa ‘coming out’ dichiarando pubblicamente di aver violato il lockdown. “Mi sono sentito umiliato e offeso per la privazione della libertà di uscire di casa e ho disobbedito a una divieto che mi sembrava ingiusto e non salutare”, la sua confessione. E con lo sguardo rivolto al futuro l’appello lanciato dai partecipanti è rivolto soprattutto alla riapertura delle scuole. E guai a parlare di mascherine, banchi a rotelle e didattica a distanza.