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Ciak si denuncia! Roberto Benigni e Nicoletta Braschi querelano Report dopo il servizio sugli Umbria Studios

Ciak si querela! Roberto Benigni e Nicoletta Braschi querelano Report dopo il servizio sugli Umbria Studios

Pubblicato il 18 Aprile 2017 - Aggiornato il 18 Aprile 2017 alle 16:04 di Carmine Gazzanni

Non bastavano le acerrime polemiche seguenti all’inchiesta sull’Unità e sugli interessi dei Pessina e dopo le polemiche sul servizio dedicato al vaccino contro il Papilloma virus. Report torna nella bufera dopo la puntata di ieri e dopo il servizio di Giorgio Mottola Che “Spettacolo!”

Roberto Benigni e Nicoletta Braschi hanno infatti querelato il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, e il giornalista Giorgio Mottola, autore del servizio andato in onda ieri sera sui fondi statali all’industria cinematografica italiana, in parte dedicato alla storia degli studi cinematografici di Papigno (Terni) creati da Benigni.

“Nell’interesse dei sigg.ri Nicoletta Braschi e Roberto Benigni, sia in proprio che quali soci di Melampo Cinematografica S.r.l. – scrive l’avvocato dei due, Michele Gentiloni Silveri – comunico di aver ricevuto mandato di sporgere querela presso la Procura della Repubblica di Roma nei confronti dei dott.ri Giorgio Mottola e Sigfrido Ranucci, nonché di chiunque altro abbia con loro concorso o cooperato, in relazione alle notizie false e gravemente diffamatorie diffuse nel corso della puntata del 17 aprile 2017 della trasmissione Report”.

La puntata – Il servizio premeva sul miliardo e duecento milioni di contributo di cui ha beneficiato l’industria cinematografica italiana negli ultimi cinque anni, più di tanti altri settori a cui è precluso l’aiuto di Stato. Con i soldi del contribuente è discutibile salvare una banca, secondo l’Unione Europea, ma sovvenzionare il cinema si può: è una questione di identità culturale. Che film abbiamo finanziato per il loro interesse culturale? Si va da “Sapore di te” di Carlo Vanzina, ad “Amici miei – come tutto ebbe inizio” di Neri Parenti, a “Il ricco, il povero e il maggiordomo” di Aldo Giovanni e Giacomo. E poi ci sono i contributi sull’incasso. “Cado dalle nubi” di Checco Zalone, una delle rare pellicole italiane che al botteghino è andata benissimo, ha ricevuto un milione e novecentomila euro: ne aveva bisogno? Ma la principale forma di sostegno che noi contribuenti garantiamo al cinema è il “tax credit” che vuol dire oltre cento milioni di sconti fiscali ai privati che decidono di investire nel cinema.

Intanto i leggendari studi cinematografici di Cinecittà cadono a pezzi nel degrado e hanno accumulato debiti per oltre 32 milioni. Come siamo arrivati a questo, in una realtà che è stata gestita da super manager come Luigi Abete, Diego Della Valle e Aurelio De Laurentiis? Anche Roberto Benigni – appunto – è uno che ha investito del suo, ma quando le cose si sono messe male è riuscito a sfilarsi. Cinecittà invece pare che ce la dovremo ricomprare noi contribuenti.

Qui il link del servizio: http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-2ce25487-0e6b-42c7-ab23-e7dfc13f60b1.html

di Carmine Gazzanni

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