Cinguettare non vuol dire governare

di Gaetano Pedullà

Se milioni di italiani non ne possono più della politica, non vanno a votare o, se lo fanno, sostengono Grillo, è perché i partiti e i loro leader sono sempre meno credibili. Annunciano, promettono, blandiscono, ma poi non fanno niente. Tutto resta come prima. Peggio di prima. Ad ogni giro il Palazzo giura di cambiare, ma poi nulla cambia.
Capita così che ieri il presidente del Consiglio Enrico Letta comunichi urbis et orbis attraverso un tweet che si chiude con la vergogna dei finanziamenti miliardari alla politica.
Una volta, quando dalle procure non usciva ogni genere di documenti, tonnellate di intercettazioni, magistrati che fanno comizi, si diceva che i giudici parlano solo per atti. Figuriamoci il governo, che per agire deve presentare decreti legge o, su delega del parlamento, decreti legislativi. Roba da archeologia. Ora con un tweet si raggiunge il grande pubblico. Si dice quel che si vuole. E si cambia facilmente l’illusione con la realtà. L’accordo per tagliare i fondi ai partiti infatti non c’è. E se c’è un’intesa solo di facciata, Letta per primo sa benissimo che non reggerà al voto in Parlamento. Basti chiedere in giro a un po’ di deputati e senatori.
D’altra parte, se i grandi partiti super indebitati avessero deciso di suicidarsi tagliandosi da soli i fondi con cui stanno in piedi, il Consiglio dei ministri di ieri avrebbe fatto la cosa più naturale: un bel decreto. Invece da Palazzo Chigi è arrivato un cinguettino. O se preferite, quella che appare già come una bufala, tanto che Grillo non ha perso tempo per definirla l’ennesima presa in giro.
Essere credibili, essere efficaci, non cedere alla tentazione di annunciare quello che poi non si può mantenere, dovrebbe essere il patrimonio più grande di chi fa politica. Un patrimonio che questi partiti hanno dilapidato più follemente dei fondi di Lusi e Belsito.