Codice Appalti, norme indecifrabili e lavori bloccati. La Corte dei conti boccia un lotto da 49 milioni sulla A12. Tutto da rifare

Il Codice Appalti ha complicato tutto per i lavori sulla A12, rendendo l’interpretazione della norma troppo arzigogolata fino a creare caos enormi

Forse quando Gabriele Buia, presidente dell’Ance, l’associazione costruttori edili, elogiava il discorso di fiducia del premier Giuseppe Conte in merito alla necessità di rivedere il Codice Appalti, visto “il cattivo funzionamento della riforma dei contratti pubblici”, aveva in mente proprio vicende come quelle occorse al lotto da ben 49 milioni relativo al mega progetto dell’autostrada A12 che dovrebbe collegare Genova con Roma. Un progetto importante e mastodontico, tuttora irrealizzato nonostante fosse stato già inserito nelle “opere strategiche” con la Legge Obiettivo. Il lotto in questione, relativo alla bretella che avrebbe permesso il collegamento a Piombino, dopo anni di tentennamenti era finalmente stato finanziato con delibera Cipe di fine 2017. Fin qui tutto bene. Se non fosse stato per il Codice Appalti che ora rischia di mandare all’aria tutto. O, comunque, di rallentare i lavori. Il 15 maggio scorso, infatti, la Sezione centrale “del controllo di legittimità sugli atti del Governo” della Corte dei conti è intervenuta sulla questione, decidendo di ricusare “il visto e la conseguente registrazione del provvedimento in epigrafe”. Passaggio, questo, fondamentale affinché una delibera trovi piena applicazione. In altre parole, dunque, ora si rischia che i lavori vengano interrotti prima ancora del loro avvio.

Ma cerchiamo allora di capire. Semplice: il Codice Appalti ha complicato tutto, rendendo l’interpretazione della norma troppo arzigogolata fino a creare caos enormi che, ora, potrebbero anche ripetersi. Il nocciolo della questione riguarda il ruolo del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici cui i progetti infrastrutturali devono essere sottoposti. O, meglio, dovrebbero essere sottoposti. Già, perché nel dispositivo della Corte dei conti si legge che, se in un primo momento il ministero delle Infrastrutture aveva “previsto la sottoposizione del progetto definitivo all’esame del CSLP”, all’indomani della Conferenza dei servizi lo stesso ministero “ha ritenuto che la ratio della modifica nel frattempo introdotta, a livello generale, all’art. 215 del nuovo Codice Appalti […] consistesse nel circoscrivere l’esame dei progetti da parte del CSLP alle fasi precedenti e propedeutiche alle procedure elencate dalla norma medesima (indizione della Conferenza dei servizi, sottoposizione alla procedura VIA, etc.)”. Insomma, poiché tali procedure erano già state espletate, si è deciso di “applicare la disciplina ordinaria al caso in esame, sottoponendo il progetto in questione all’esame del Comitato tecnico del Provveditorato interregionale per le Opere Pubbliche e non del CSLP”.

Peccato, però, che “tale ricostruzione del quadro normativo di riferimento non è corretta”, conclude la Corte, dato che lo stesso Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, per un’altra opera, “ha confermato l’obbligo del proprio parere con riguardo a tutti gli interventi di Anas S.p.A. e delle concessionarie autostradali di importo superiore a 25 milioni”, in attuazione di altre due norme la legge n.498/1992 e il decreto n.203/2015. Senza dimenticare che tale posizione è stata ribadita anche nella versione definitiva del Contratto di programma tra lo stesso ministero delle Infrastrutture e l’Anas 2016-2020. Insomma, un mare magnum incredibile che il Codice Appalti non ha fatto altro che complicare.

Tutto da rifare? Probabile. Certo è che ora il ministro Danilo Toninelli dovrà intervenire, come da programma, per snellire un procedimento talmente caotico da aver complicato piuttosto che agevolato la macchina degli appalti pubblici.