Colpirne uno per educarne cento. Pioggia di querele da Giorgia & Co

Dalle parti del governo mentre promettono di difenderci da un'inesistente sostituzione etnica continuano a usare le querele per completare la loro sostituzione etica.

Colpirne uno per educarne cento. Pioggia di querele da Giorgia & Co

Giorno nuovo, nuova querela. Dalle parti del governo mentre promettono di difenderci da un’inesistente sostituzione etnica continuano a usare l’intimidazione giudiziaria per completare la loro sostituzione etica. Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio e incidentalmente moglie del ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida, ha querelato l’ormai celebre vignetta del vignettista del Fatto Quotidiano Mario Natangelo che trattava della “sostituzione etnica” evocata dal marito e derisa dai giornali di mezzo mondo.

Su quella vignetta, dopo gli strepiti della maggioranza, era già stato aperto un procedimento disciplinare dall’Ordine dei giornalisti che aveva archiviato il tutto riconoscendo il diritto di satira. Ma la sorella di Giorgia Meloni non ci sta e ora si rivolge alla magistratura. Il finale è già scritto, sarà archiviazione. Ciò che conta in fondo è solo l’intimidazione giudiziaria, il provare a punirne uno per zittirne cento che la prossima volta ci penseranno due volte prima di esercitare il loro doveroso senso di critica. Le querele da parte del governo però stanno oggettivamente scappando di mano.

Dalle parti del governo mentre promettono di difenderci da un’inesistente sostituzione etnica continuano a usare le querele per completare la loro sostituzione etica

Tre giorni fa il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha querelato per l’ennesima volta la trasmissione Report intravedendo “testimonianze manipolate” e “una chiara volontà diffamatoria”. Non contento il ministro si è rivolto anche all’Ordine dei giornalisti “affinché proceda nei confronti del sig. Ranucci per la clamorosa e perdurante violazione della deontologia professionale”. Sigfrido Ranucci risponde chiarendo di avere “invitato più volte” il ministro che lamenta di non essere stato interpellato. Intanto la querela è lì, perché suocera intenda.

Roberto Saviano di querele ne ha prese addirittura due, dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro Matteo Salvini. La prima ha chiarito di averlo querelato “non da presidente del Consiglio, ma da presidente dell’unico partito di opposizione”. “Io non politicizzo, lui sta cercando di farlo”, ha spiegato a dicembre dell’anno scorso la presidente del Consiglio. Una persona a capo del governo che accusa uno scrittore di “politicizzare” una sua querela è roba da commedia all’italiana.

Tra Salvini e Saviano è invece in corso un processo che dura ormai da 5 anni. Un ministro che querela uno scrittore è già deprimente, un ministro che non si è mai fatto vedere nel processo che lui stesso ha intentato è disgustoso. Piccola postilla: Saviano continua a definire Salvini “ministro della mala vita” e Salvini qualche giorno fa ha annunciato di avere depositato un’altra querela. E via. A settembre dell’anno scorso Giorgia Meloni ha querelato la giornalista Rula Jebreal che aveva scritto “il padre di Meloni è un noto criminale colpevole di traffico di droga che è stato detenuto in carcere”.

L’ultimo della lista è il vignettista del Fatto Natangelo. Citato in giudizio dalla sorella della premier

La notizia era sui media di tutto il mondo e non è mai stata smentita. Meloni ha mirato una giornalista per parlare a tutti. A proposito di giornalismo: Meloni ha querelato anche il quotidiano Domani. “Da cittadino, giornalista e politico, non da premier”. Ancora: tra i querelati da Giorgia Meloni c’è anche il filologo Luciano Canfora per un intervento in un Liceo a Bari. Nelle scorse ore tra le grinfie giudiziarie della premier è finito anche il cantante della band britannica Placebo.

Ci siamo ovviamente anche noi, de La Notizia. La colpa? Un titolo, “Fratelli d’Italia e di ‘Ndrangheta”, dopo la condanna per mafia (20 anni) al consigliere comunale di Piacenza, Giuseppe Caruso. L’Italia ha conquistato il primato in Europa per le querele scagliate da componenti del governo contro scrittori, autori, cronisti, disegnatori. Anche in questo assomigliamo sempre di più all’Ungheria e alla Polonia.