Con l’arresto di Provenzano saltò ogni accordo con Cosa Nostra

di Nerina Gatti

Come mai in questa saga tra Alberto Cisterna e Giuseppe Pignatone esce fuori sempre la cattura di Bernardo Provenzano e la trattativa stato mafia?
I dubbi che dietro alla cattura di Provenzano ci sia qualcosa di poco chiaro è ormai confermato dall’esistenza di un procedimento aperto contro ignoti da parte dei pm che si stanno occupando del processo sulla trattativa Stato-Mafia: Nino Di Matteo, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. L’ipotesi sulla quale indagano è quella che la trattativa tra mafia e istituzioni si sia conclusa nel 2006 con l’arresto di Provenzano. Come ha già rivelato La Notizia, pochi giorni fa è stato sentito l’ex vicecapo della Dna Alberto Cisterna, ma oltre a lui, ad aver reso dichiarazioni importanti a riscontro della tesi dei pm palermitani, ci sarebbe anche un magistrato anziano di cui ancora non si conosce il nome.

L’arresto del secolo
E’ bene ricordare che l’arresto di Provenzano fu il grande successo di Pignatone, del pm Michele Prestipino e del suo braccio destro investigativo Renato Cortese, indagine che fino al suo passaggio a capo della Direzione Nazionale Antimafia fu coordinata dall’allora procuratore capo Piero Grasso. Ma a Provenzano è legato anche Cisterna, che era tra quelli che condussero i contatti con l’enigmatico emissario del padrino corleonese per la sua eventuale “resa”.
È una questione di coni d’ombra, fuori onda e domande extraprocessuali. È preoccupante il silenzio assordante che circonda la brutta faccenda delle dichiarazioni di Nino “il nano” Lo Giudice, prima pentito poi sparito e forse manipolato ma senz’altro a questo punto inaffidabile se non al cospetto, almeno questa volta, di riscontri oggettivi, non come quelli mai trovati nei confronti di Cisterna.

Silenzio stampa
La stampa nazionale, ad eccezione di Guido Ruotolo ed Enrico Fierro, non ha speso un rigo. È da tempo che si sente parlare di una inquietante fuori onda registrato da una giornalista di Sky durante un’intervista, mai andata in onda, all’allora Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso. In un’altra intervista, quella che Sandro Ruotolo fece a Vittorio Crescentini, il presunto intermediario del boss che inizialmente parlò di una possibile “resa” di Provenzano. Crescentini afferma che il padrino fu arrestato prima delle votazioni politiche del 2006, ma che la notizia fu data solo dopo il voto, che vide affermarsi di poco l’Unione. Le visite di Crescentini furono tre, tra il 2003 e il 2005, a sentirlo furono i magistrati Cisterna,Vincenzo Macrì e il capo della Dna Pierluigi Vigna, al quale nel 2005 subentrò Piero Grasso. Dalla ricostruzione di Cisterna e Macrì, l’ambasciatore di Provenzano, pose tre condizioni per la “resa” del boss di Corleone: la prima era la richiesta di soldi, due milioni di euro, la seconda, che la notizia dell’arresto fosse tenuto segreto per 30 giorni affinchè il padrino potesse fare importanti rivelazioni ai pm e terzo che a trattare la vicenda non fossero magistrati palermitani.

Destini incrociati
I destini di Pignatone e Cisterna si intrecciano a Reggio Calabria. È infatti Pignatone ad indagare Cisterna per corruzione, proprio sulle dichiarazioni del pentito Nino Lo Giudice. Un particolare mai evidenziato è che l’iscrizione di Cisterna al registro degli indagati fu firmata da Pignatone e dal sostituto Beatrice Ronchi, mentre gli altri magistrati, Nicola Gratteri, Giuseppe Lombardo e Marco Colamonici si astennero.
E riecco spuntare fuori l’ombra di zi Binnu detto “u tratturi”. A giugno 2011 Pignatone si reca negli uffici della Dna per interrogare Cisterna sui presunti legami illeciti tra il magistrato e il fratello di Nino “il nano”. Ma da subito le cose non vanno come dovrebbero, perché da come si legge nei verbali, Pignatone chiede a Cisterna di fare chiarezza su una sua lettera mandata ad un giornale online in cui Cisterna, oltre a manifestare la sua estraneità alle accuse, parla del coinvolgimento dei servizi segreti nella cattura dei latitanti in Sicilia. Domanda che non ha nulla a che vedere con Lo Giudice, Reggio Calabria o con la presunta corruzione di Cisterna. Ed ecco riaffiorare come un fastidioso bubbone, Provenzano, i servizi, il segreto di Stato e le indagini per la cattura del boss. Lo scambio di battute è brusco. Pignatone rivolgendosi a Cisterna: “ Non so a cosa allude questo riferimento a Provenzano” e Cisterna ribatte: “Vedremo!”

Testimonianza chiave
Appunto, vedremo gli sviluppi che prenderanno le indagini sul memoriale del pentito che si pentì due volte. Vedremo perché il procuratore della Dna Donadio lo volle interrogare sui fatti delle stragi. Attendiamo anche di sentire cosa avrà da riferire l’altro collaboratore di giustizia, Consolato Villani, che nel memoriale, “il nano” accusa di aver concordato assieme il pentimento. Come mai nessuno è andato ancora ad interrogarlo? A chi ricadrà la competenza di sentirlo? Ma soprattutto, perché Lo Giudice che aveva ancora poco da scontare avrebbe deciso di sparire proprio ora?