Con le Regionali archiviato anche il rimpasto. Zingaretti ha scelto: resta in Regione, non sarà vicepremier

Solo a sentirne parlare adesso a tutti sembrano venire le bolle. Eppure a una settimana dal voto è stato il Pd con Andrea Orlando (nella foto) a gettare il sasso. Dopo le regionali, ha argomentato il vicesegretario del Nazareno, il governo ha bisogno di “mettere a posto il suo assetto” per gestire al meglio la partita del Recovery fund. Orlando non ha parlato apertamente di rimpasto ma di “tagliando”, concludendo con un “sarà il premier a decidere”. Qualche giorno ha parzialmente corretto il tiro: “Non possiamo perdere l’occasione del Recovery e serve più coordinamento tra i ministeri. Credo che ci sia bisogno di questo ma se viene derubricato a un toto-poltrone è un’occasione persa”.

L’ipotesi che era circolata è che, dopo il voto, Nicola Zingaretti potesse valutare un ingresso nella squadra di governo. Da ministro (Viminale?) o anche da vicepremier, magari in tandem con Luigi Di Maio. Ipotesi che il segretario del Pd, prima del voto, non ha voluto neanche prendere in considerazione. E che non pare sedurlo neanche oggi. E in ogni caso non nell’immediato. “Starà al presidente del Consiglio valutare sia il merito dei contenuti che la squadra. Non è il Pd che pone il tema del rimpasto”, ha tagliato corto. E dal Nazareno smentiscono indiscrezioni: “Zingaretti resta in Regione Lazio”.

I renziani sarebbero invece pronti al tagliando sperando magari di infilare nella partita – il suo nome ritorna sempre – Maria Elena Boschi. Matteo Renzi spinge perché il segretario dem entri al governo per avere più campo libero. “Zingaretti vicepremier? Ha un senso – dice – perché è il capo del primo partito italiano”. Anche se poi spiega che a lui il rimpasto non interessa e tanto meno lo chiede. E se anche Roberto Fico e Luigi Di Maio paiono snobbare il tema (“Per me adesso bisogna solo pensare a preparare i progetti per il bene del Paese”, ha dichiarato il primo) molti tra i grillini sarebbero pronti a prendere in mano il dossier.

Anche se si teme che lo spostamento di caselle finisca per dare troppo peso al Pd. E questo potrebbe avvelenare un clima già infuocato, soprattutto in concomitanza con gli Stati generali M5S. Tutti comunque si rimettono alla volontà del premier. E Giuseppe Conte, a meno che Zingaretti non manifesti una precisa volontà di entrare nell’esecutivo, non vuole sentir parlare di rimpasto. Una formula che ha già definito vecchia e di cui non sente l’esigenza.