La Concordia diventa un affare d’oro. I porti italiani si litigano le spoglie del gigante

di Nicoletta Appignani

Da un lato la tecnologia, il saper fare italiano, trasforma un’operazione mai tentata prima in un successo. Dall’altro la solita politica non è stata ancora capace di stabilire in quale porto smantellare la Costa Concordia, con le solite beghe campanilistiche fra Piombino e Palermo: un derby che si gioca intorno a un relitto che vale centinaia di milioni di euro in lavoro e materie prime e che assicurerebbe mesi di impiego a centinaia di lavoratori nei cantieri. Per questo nelle ultime ore c’è chi cerca di buttarsi nella mischia: “Perché non candidare Porto Torres (qualora vi fossero le condizioni) per le operazioni di smaltimento?”. A lanciare la proposta su Facebook è l’assessore provinciale alla Programmazione di Sassari, Enrico Daga, del Pd. Insomma, dopo il raddrizzamento della Concordia la gara sembra più aperta che mai. Per logica, lo smaltimento spetterebbe alla regione in cui la nave è incagliata: la Toscana. Ma il porto di Piombino non è attrezzato in maniera adeguata e per questo il governo ha stanziato 73 milioni di euro per adattare la struttura ai lavori, soldi che saranno a carico di Costa Crociere. Intanto la Sicilia continua la sua battaglia e preme per smaltire il relitto nel porto di Palermo, con i bacini della Fincantieri già attrezzati per questo genere di lavori. Proprio l’azienda navale, infatti, è stata una delle protagoniste del recupero del gigante di acciaio. Partita aperta, quindi, per lo smaltimento del rifiuto milionario. Mentre a sorpresa spunta l’ennesima candidatura: tocca a Napoli, con la vicina Castellammare, che per bocca dei suoi amministratori prenota la Concordia.