Confindustria vede nero. Ma riaprire adesso è un errore. Le fabbriche chiuse bruciano 10 miliardi a settimana. Gli industriali stimano la perdita 2020 in 6 punti di Pil

La situazione sta migliorando, le misure messe in campo contro il coronavirus stanno funzionando. La curva che ci mostra le nuove diagnosi positive ai tamponi ci indica che stiamo arrivando a un plateau, si sta cioè stabilizzando, ma i rischi sono ancora alti: non dobbiamo abbassare la guardia, non adesso. Le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità, d’altra parte, sono chiare: “Raggiungere il plateau non vuol dire aver raggiunto l’obiettivo, perché ora deve iniziare la discesa”, ribadiscono gli esperti.

MISURE NECESSARIE. Sottolinenado come in Italia ci siano aree a più alta circolazione nel nord, a circolazione intermedia e numero di casi limitato, nell’ordine di qualche migliaio (nelle aree ad alta circolazione si parla di decine di migliaia), e altre regioni con un numero contenuto di casi, a limitata circolazione. Ecco, la scommessa è che in queste aree la circolazione rimanga bassa e può essere vinta solo se manteniamo le regole attive nel nostro Paese. A confermare di quanto il lockdown deciso dal governo Conte abbia evitato una perdita ancor più drammatica in termini di vite umane è uno studio dell’Imperial College di Londra, cofirmato da Neil Ferguson, una delle massime autorità in materia, che ha convinto Boris Johnson ad adottare le misure restrittive inizialmente rifiutate dal premier inglese: sono 38 mila le vite salvate (ad oggi) grazie alle misure di chiusura e distanziamento sociale adottate in Italia dall’inizio dell’epidemia di coronavirus.

CONTO SALATO. Il rallentamento della crescita dei decessi è dunque coerente con un impatto significativo degli interventi attuati nel nostro Paese diverse settimane prima e molti più morti saranno evitati assicurando che gli interventi rimangano in atto fino a quando la trasmissione non scenderà a livelli bassi. L’altra faccia della medaglia è che purtroppo il costo dello stop alle attività imprenditoriali sta costando carissimo all’economia. “Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive, secondo i parametri attuali, potrebbe costare una percentuale ulteriore di prodotto interno lordo dell’ordine di almeno lo 0,75%”. Sono più di 10 miliardi a settimana.

A lanciare l’allarme è Confindustria, guidata da Vincenzo Boccia: secondo le stime del centro studi degli industriali la perdita di Pil nella prima metà del 2020 sarà dunque enorme, una “caduta cumulata dei primi due trimestri del -10% circa”. E la previsione è di una risalita lenta: ipotizzando un “superamento della fase acuta dell’emergenza a fine maggio si conferma la stima di un -6% per il 2020 mentre per il 2021 è atteso un parziale recupero, un rimbalzo del +3,5%”.In realtà solo i prossimi mesi mostreranno se in queste ipotesi vi sia realismo, ottimismo o al contrario catastrofismo. In ogni caso anche dalle parti di Viale dell’Astronomia si rendono conto che le istituzioni europee sono all’ultima chiamata per dimostrare di essere all’altezza.

ALLARME RECESSIONE. “Solo mettendo in sicurezza i cittadini e le imprese la recessione attuale potrà non tramutarsi in una depressione economica prolungata”, scongiurando un aumento drammatico della disoccupazione e il conseguente crollo del benessere sociale. Gli industriali parlano di “economia italiana colpita al cuore” e avvertono: “Bisogna agire immediatamente, con interventi massivi in una misura che oggi nessuno conosce, sia su scala nazionale che europea”.