Consulenze alla vecchia Anas, Pozzi ha risarcito le briciole. La società ha speso 15 milioni e mezzo per incarichi, ma l’ex presidente ha restituito solo 175 mila euro. La Corte dei conti ha riconosciuto il danno erariale, che fra sconti e patteggiamenti alla fine è crollato

di Clemente Pistilli

Sono stati spesi dall’Anas quindici milioni e mezzo di euro per consulenze quando le attività pagate agli esterni potevano essere svolte dai dipendenti. Con questa convinzione gli inquirenti contabili hanno indagato, processato e alla fine condannato l’ex presidente dell’Azienda nazionale autonoma strade, l’ing. Vincenzo Pozzi. Alla fine, però, di tutto quel fiume di denaro  alla società statale sono rientrati appena 175mila euro.

 

Il caso

La vicenda è nata da una relazione fatta nel 2002 dalla sezione di controllo della Corte dei Conti, in cui venivano evidenziate criticità nella gestione finanziaria dell’Anas in merito ai diversi contenziosi aperti, per i quali mancava un quadro complessivo e un’analisi sugli interventi necessari per evitare un serio danno alle casse dell’azienda. Una situazione che era stata censurata dallo stesso collegio dei revisori della società e dal Ministero delle infrastrutture. L’allora presidente Pozzi, in una seduta del Cda del 17 aprile 2003 evidenziò che a un primo censimento erano state individuate 11.800 controversie pendenti, per la maggior parte delle quali non era chiaro cosa chiedessero le controparti. Un quadro sconfortante, che aveva portato nel febbraio precedente l’ingegnere a decidere di affidare una ricognizione e una mappatura dei contenziosi a due società esterne specializzate in materia, la Strata spa e la S.T.B. 2001 srl, a cui alla fine vennero pagati un totale di oltre 15 milioni e mezzo di euro. La scelta di esternalizzare l’attività non convinse né la Corte dei Conti né lo stesso Ministero e la Procura contabile aprì un’inchiesta.

L’indagine

Convinto che l’attività svolta dalle due società di consulenza avrebbero potuto portarla a termine gli stessi dipendenti dell’Anas, facendo risparmiare all’azienda quei quindici milioni e mezzo di euro, nel 2007 il procuratore regionale presso la Corte dei Conti inviò all’ing. Pozzi un invito a dedurre, quello che nel penale è l’avviso di garanzia. Il manager, in passato impegnato anche nella Rav, la società che si occupa di autostrade in Valle d’Aosta, e poi nominato commissario governativo per l’esecuzione del Corridoio tirrenico meridionale, si giustificò dicendo che il personale interno non bastava. La Procura, affatto convinta, citò l’ex numero uno dell’Anas a giudizio, chiamandolo a risarcire l’ingente somma pagata alle due società esterne. La Guardia di finanza accertò che l’azienda aveva a disposizione all’epoca due dirigenti avvocato, nove avvocati e 42 amministrativi nell’ufficio legale della direzione generale e 41 dirigenti amministrativi, avvocati compresi, e 577 dipendenti negli uffici amministrativi. Un piccolo esercito. Nessun dolo, secondo la Corte dei Conti, da parte di Pozzi, ma colpa grave per “evidente e inescusabile leggerezza” con cui avrebbe gestito la situazione. “Non consta – si legge nella sentenza emessa nel 2010 dai giudici contabili del Lazio – che durante questo periodo siano state operate ricognizioni o verifiche sui carichi di lavoro del personale assegnato all’ufficio legale né tantomeno in ordine alla disponibilità dello stesso personale a svolgere lavoro straordinario”.

 

L’epilogo dello spreco

Nessun dubbio per i giudici che quei quindici milioni e mezzo siano stati un danno erariale per l’Anas. La Corte dei Conti, però, ha considerato che alla fine il lavoro svolto dagli esterni è stato utile. Il risarcimento dovuto è stato così ridotto a sette milioni e mezzo. Ma non basta. I giudici hanno ritenuto che, stabilita l’entità del danno, potevano esercitare il “potere riduttivo”. La condanna di primo grado è stata così di 700mila euro. L’ingegnere, lo scorso anno chiamato da Alemanno a risolvere i problemi della metropolitana di Roma e in Sicilia nel Consorzio autostrade siciliane, con una nomina che ha messo nei guai un assessore della giunta Crocetta, Patrizia Valente, ha fatto appello, chiedendo una sorta di patteggiamento. Tirati fuori e risarciti all’Anas soltanto 175mila euro, l’ex presidente ha così ora chiuso la partita con la giustizia contabile e all’azienda sono tornati solo gli spiccioli.