Dopo i dubbi sollevati prima da diversi costituzionalisti e dopo dalla Corte d’Appello di Catania, sulla legge Delrio che ha riformato le province è arrivata la definitiva bocciatura da parte della Corte Costituzionale. A decretare l’illegittimità del provvedimento voluto dall’allora ministro Graziano Delrio (nella foto) è stato soprattutto il fatto che la norma è in contrasto con il principio di uguaglianza del voto e perché pregiudica la responsabilità politica del vertice dell’ente nei confronti degli elettori.
Questo perché la legge Delrio non prevede elezioni per il sindaco delle Città metropolitane in quanto questo viene individuato automaticamente con il sindaco del Comune capoluogo, a differenza del presidente della Provincia che viene eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali del territorio. Tutte ragioni per le quali la Consulta ritiene necessario “un urgente riassetto” normativo da parte del Parlamento per riuscire a sanare quelle che definisce evidenti criticità.
IL FLOP DEL REFERENDUM. Ma a rendere necessario tale intervento di riassetto normativo dell’intero settore, si legge sempre nella sentenza di cui il giudice relatore è Stefano Petitti, è anche – e soprattutto – il fatto che la mancata abolizione delle Province, a seguito del fallimento del referendum costituzionale del 2016, ha reso “del tutto ingiustificato” il trattamento attualmente riservato agli elettori residenti nella Città metropolitana.