Conte inchioda Giorgia. Suo dovere dire chi la ricatta

Il leader M5S Conte: “Da premier non può alludere, se sa qualcosa, è suo dovere dirlo”.

Conte inchioda Giorgia. Suo dovere dire chi la ricatta

Sono tanti gli svarioni a cui la premier Giorgia Meloni si è lasciata andare nel corso della conferenza stampa di fine anno che si tenuta due giorni fa. Ma, al di là delle bugie e degli slogan propagandistici con i quali ha tentato di nascondere i suoi fallimenti – dal Patto di stabilità a una crescita dello zero virgola fino al boom degli sbarchi -, di particolare gravità sono apparse alcune sue dichiarazioni.

Già a ottobre scorso durante la kermesse di Fratelli d’Italia, Meloni aveva puntato il dito contro non meglio definiti avversari pronti a colpire le destre. “Siamo un nemico da abbattere con qualsiasi prezzo”, aveva detto allora. Rivelando una vera e propria psicosi complottista che ieri ha ribadito. Non sono ricattabile, ha ripetuto e ha fatto riferimento a una controparte anche qui non definita che vorrebbe condizionare le sorti del Paese. “Io penso che qualcuno in questa nazione abbia pensato di poter dare le carte, ma in uno Stato normale non ci sono condizionamenti, l’ho visto accadere e non dico di più”.

Conte: “Da premier non può alludere, se sa qualcosa, è suo dovere dirlo”

Ma c’è chi considera queste sue affermazioni irresponsabili. È il caso di Giuseppe Conte. “Da premier non può alludere, se sa qualcosa, è suo dovere dirlo”, ha detto in un’intervista a la Repubblica il leader del Movimento Cinque Stelle. Ma non è il solo fronte dove l’ex premier si indigna. Se Meloni chiama in causa la questione morale, rinfacciando ai pentastellati di essere severi solo con gli altri e garantisti con i propri compagni di viaggio, Conte non ci sta. “Esiste una distinzione tra la responsabilità penale, che lasciamo ai tribunali, e la responsabilità politica, che impone a chi riveste un incarico pubblico di comportarsi con ‘disciplina e onore’ come prescrive l’art. 54 della Costituzione. In questo governo abbiamo visto sottosegretari che divulgano informazioni riservate per attaccare l’opposizione, ministri che vengono in Parlamento a mentire sulle attività societarie svolte, altri che fermano treni. Un premier deve scegliere: solidarietà di partito e di coalizione o tutela delle istituzioni?” Meloni ha scelto la prima.

Il leader pentastellato ha criticato poi la scelta della Meloni di assecondare la decisione del suo vicepremier e ministro Matteo Salvini di non riferire sull’inchiesta Anas. “La differenza tra Meloni e me è che quando Salvini non volle andare in Parlamento a rispondere del caso Metropol ci andai io per difendere con trasparenza il prestigio delle istituzioni. Meloni sta dicendo a Salvini che non deve andare a riferire nonostante Anas sia una società pubblica che opera sotto il controllo del ministero di Salvini. Dice che le notizie puntuali su quei comitati di affari non le interessano”.

Mentre sul caso del Capodanno con la pistola per il deputato di FdI, Emanuele Pozzolo, Conte posta sui social un articolo del Corriere della Sera che riporta le affermazioni di Luca Campana, l’elettricista ferito dallo sparo che si è finalmente deciso a querelare il parlamentare. “Un operaio si fa problemi prima di denunciare un politico. È il frutto più amaro di una politica arrogante, che si crede onnipotente e trasmette ogni giorno la sensazione che ci siano cittadini di serie A e di serie B. Una politica che ferma treni dove vuole perché deve scendere il Ministro. Una politica che non paga mai per i suoi sbagli. Una politica che premia amici e familiari. Una politica che porta armi a una festa con le famiglie e se parte uno sparo pensa di farla franca. Una politica che reintroduce i vitalizi per i politici mentre dice no al salario minimo per i lavoratori sottopagati e taglia sostegni per le famiglie che vivono ai margini, in condizione di povertà assoluta”, ha concluso Conte.