Cooperazione internazionale flop. Sprecati miliardi senza risultati. La Corte dei Conti smonta l’organismo voluto da Renzi. L’Agenzia per gli aiuti ai Paesi poveri non decolla

La Corte dei Conti smonta l’organismo voluto da Renzi. L’Agenzia per la Cooperazione internazionale Aics non decolla.

Cooperazione internazionale flop. Sprecati miliardi senza risultati. La Corte dei Conti smonta l’organismo voluto da Renzi. L’Agenzia per gli aiuti ai Paesi poveri non decolla

Quella riforma della normativa della Cooperazione voluta nel 2014 dal Governo di Matteo Renzi si è rivelata un mezzo flop. L’Aics frutto di un’idea dell’allora vice ministro degli esteri Lapo Pistelli e diretta dal diplomatico Luca Maestripieri investe una valanga di risorse in piccoli progetti sparsi, che pesano sulle casse italiane ma pochi problemi risolvono ai Paesi in difficoltà. Una parziale stroncatura quella fatta al termine di un’indagine sull’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo dalla Corte dei Conti.

IL QUADRO. La sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della magistratura contabile ha analizzato la gestione delle risorse assegnate all’Aics e le conclusioni non sono confortanti. La mission dell’ente è attuare iniziative di cooperazione allo sviluppo nel perseguimento di obiettivi quali lo sradicamento della povertà, la riduzione delle disuguaglianze, la promozione dello sviluppo sostenibile, l’affermazione dei diritti umani e della dignità degli individui, la prevenzione dei conflitti e il sostegno ai processi di pacificazione.

E molti sono stati i progetti portati avanti dall’Aics da quando ha iniziato a operare. Troppe però pure le criticità riscontrate dai magistrati. Tutte elencate in un rapporto inviato alla Presidenza della Camera e a quella del Senato, alla Presidenza delle Commissioni bilancio del Parlamento, alla Farnesina, al Mef, alla Cassa depositi e prestiti e alla stessa Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, chiedendo correttivi entro sei mesi. I problemi principali?

L’eccessiva frammentazione delle iniziative di cooperazione, la molteplicità delle procedure competitive utilizzate per l’assegnazione dei contributi “a dono” e la mancanza di linee guida, indicatori e termini di riferimento per le attività di monitoraggio e valutazione. Mica poco. Come poche non sono le risorse destinate all’Agenzia. Solo con la legge di bilancio 2020 sono stati previsti 527 milioni di euro nel 2021 e 518 nei due anni successivi.

I NODI. La Corte dei Conti ha sottolineato l’importanza, sul piano gestionale, di proseguire il percorso di innovazione in atto, accelerando i processi di informatizzazione delle procedure, per disporre di un tracciato informatico che copra tutta la filiera delle iniziative di cooperazione. Evidenziata poi l’importanza di creare le condizioni che favoriscano le occasioni di incontro tra le università, gli enti pubblici e le imprese italiane operanti in settori quali l’agrifood, l’economia circolare, le energie rinnovabili, l’informatica, la medicina, l’istruzione e la ricerca, nella prospettiva di generare nuove sinergie, realizzare network tra soggetti profit e non profit, favorire l’incontro tra domanda ed offerta di cooperazione, attivare canali di collaborazione tra il settore pubblico e quello privato e meccanismi di ibridazione generativi di nuove idee.

Servono inoltre rapporti di monitoraggio, che forniscano una visione “costantemente aggiornata” sullo stato di attuazione degli interventi e valutazioni ex post per ogni iniziativa di cooperazione, e “una dotazione di adeguate risorse umane e strumentali”. Per i magistrati vi è un’eccessiva frammentazione degli interventi, “fattore che, oltre a rendere meno efficiente ed efficace l’attività di cooperazione, comporta il rischio di sovrapposizioni e duplicazioni con il conseguente sperpero di risorse pubbliche”. Proprio quegli sperperi che Renzi, Pistelli & C. volevano evitare.