Coronavirus, febbre e affanno sintomi iniziali più comuni. Brusaferro (Iss): “E’ fondamentale seguire le misure di prevenzione”

“Nei pazienti deceduti e positivi al Covid-19 i sintomi di esordio più comuni sono la febbre e la dispnea (difficoltà a respirare), mentre meno comuni sono i sintomi gastrointestinali (diarrea) e l’emottisi, l’emissione di sangue dalle vie respiratorie ad esempio con un colpo di tosse. Lo afferma l’analisi dei dati dei 155 pazienti italiani deceduti al 6 marzo condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, che aggiorna quella condotta su 105 casi resa nota il 5 marzo”. Lo afferma l’Istituto superiore di Sanità in una nota di aggiornamento sull’emergenza Coronavirus. “Febbre e dispnea – aggiungono gli esperti dell’Iss – sono presenti come sintomi di esordio rispettivamente nell’86% e nell’82% dei casi esaminati. Altri sintomi iniziali riscontrati sono tosse (50%), e appunto diarrea ed emottisi (5%)”.

“Questi dati suggeriscono che per chi presenta solo febbre è sufficiente allertare il proprio medico rimanendo a casa – spiega Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss -, mentre in presenza di entrambi i sintomi è meglio contattare il 112 o 118. In ogni caso ricordiamo che bisogna assolutamente evitare di andare per proprio conto dal medico o al pronto soccorso, per evitare di esporre il personale e i pazienti a rischi. Seguire questa e tutte le altre norme di prevenzione dettate in questi giorni è fondamentale per rallentare il più possibile l’epidemia e proteggere le persone più fragili. Le misure individuali d limitazione dei contatti sociali sono fondamentali per poter contrastare il virus, facciamo appello al senso di responsabilità di tutti”.

Per quanto riguarda la mortalità legata al virus i dati aggiornati confermano quelli del primo studio. L’età media dei pazienti deceduti e positivi a COVID-19 è 81.4. Le donne sono 48 (31.0%). Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3,6. I decessi avvengono in grandissima parte dopo gli 80 anni e in persone con importanti patologie pre-esistenti: nel dettaglio la mortalità è del 14,3% oltre i 90 anni, dell’8,2% tra 80 e 89, del 4% tra 70 e 79, dell’1,4% tra 60 e 69 e dello 0,1% tra 50 e 59, mentre non si registrano decessi sotto questa fascia d’età. Complessivamente, 21 pazienti (15,5% del campione) presentavano 0 o 1 patologia, 25 (18,5%) presentavano 2 patologie e 70 (60,3%) presentavano 3 o più patologie; per 19 pazienti non è stato ancora possibile recuperare ad oggi l’informazione. Ipertensione e cardiopatia ischemica si confermano le patologie più frequenti.

L’aggiornamento dei dati conferma che in tutte le fasce di età la letalità nella popolazione italiana è più bassa rispetto a quella osservata in Cina. La letalità complessiva in Italia sui 155 casi risulta invece del 2,9% contro il 2,3% della Cina. Il dato generale è più alto nella popolazione italiana perché l’età media della popolazione italiana è maggiore rispetto a quella cinese (44 vs 37 anni – stime WHO 2013) e in Italia c’è un maggior numero di malati con età superiore agli 80 anni. “L’analisi di questi dati consente di effettuare valutazioni sulle quali stabilire raccomandazioni e comportamenti – sottolinea Brusaferro – pertanto è fondamentale che venga aggiornato costantemente il sistema di sorveglianza con le cartelle cliniche dei deceduti da parte degli ospedali”.