Corruzione e turbativa d’asta, otto arresti a Catania. C’è anche il sindaco di Acireale, Roberto Barbagallo

Ieri mattina Acireale si è svegliata con le sirene della Guardia di finanza di Catania a tutto spiano. Hanno bussato alla porta di otto persone, arrestate per corruzione e turbativa d’asta a conclusione di indagini sui Comuni di Acireale e Malvagna, nel Messinese. E sono nomi pesanti, considerando che tra i destinatari del provvedimento cautelare, cinque in carcere e tre ai domiciliari, c’è anche il sindaco di Acireale, Roberto Barbagallo, eletto con una lista civica. Ma l’inchiesta è ancora più vasta: diciassette, infatti, sono in tutto gli indagati.

Barbagallo, 42 anni, è diventato sindaco di Acireale nel giugno del 2014. Con i suoi 15.573 voti, appoggiato da liste civiche del centrosinistra, aveva quasi doppiato, nel turno di ballottaggio, il candidato del centrodestra, Michele Di Re. Politicamente è considerato vicino al deputato regionale Nicola D’Agostino. E proprio per favorire D’Agostino, non coinvolto nell’indagine, Barbagallo avrebbe spinto due piccoli imprenditori acesi a promettergli il voto con l’ausilio di un luogotenente della Polizia Locale, Nicolò Urso, anch’egli tra gli arrestati. Il sindaco avrebbe dato disposizione al luogotenente di avviare controlli amministrativi nei confronti degli imprenditori per indurli, per evitare la sanzione, ad avvicinarlo. Un sistema impeccabile e collaudato, tanto che l’operazione delle fiamme gialle ha portato alla luce quattro diversi episodi di corruzione e turbativa d’asta. In una intercettazione telefonica Barbagallo dice al luogotenente: “Mi serve una cosa elettorale. I due gemellini che hanno il camion in via… Ci puoi andare per farli spaventare così mi vengono a cercare”. Sulle esigenze cautelari il giudice sottolinea che “le condotte di particolare gravità in primo luogo” del sindaco di Acireale, denotano “una personalità criminale allarmante anche in funzione di concrete azioni di interferenza sulla corretta acquisizione di ulteriori elementi di prova”.

Ma non è tutto. Il giudice, infatti, ricorda che “soggetti a lui vicini proprio in relazione alle vicende delittuose per quali è gravemente indiziato, hanno fatto esplicito riferimento, pur di potere raggiungere gli scopi illeciti prefissati, alla possibilità di distruggere documentazione di ogni genere”. Il pericolo di inquinamento, rileva il gip, esiste anche per altri due arrestati, che “hanno mostrato una non comune capacità di incidere a ‘loro uso e consumo’ sugli atti amministrativi formandoli o sopprimendoli in maniera funzionale al raggiungimento degli scopi economici illecita e alla creazione di documenti tali da non incidere in maniera importante alla corretta ricostruzione dei fatti”. Sugli altri tre per i quali sono stati disposti gli arresti, si legge nell’ordinanza che seppure “estranei alla pubblica amministrazione” hanno mostrato di “avere una formidabile incidenza sui pubblici amministratori che sono riusciti ad ‘orchestrare’” per “favorire il proprio tornaconto e quelli di professionisti ed imprese agli stessi vicini”.