Corsa al riarmo, 100 miliardi di dollari in un anno per gli arsenali nucleari: una deriva verso il baratro

Mentre il mondo brucia tra guerre e fame, la spesa per le armi nucleari supera i 100 miliardi nel 2024. E senza alcun controllo democratico.

Corsa al riarmo, 100 miliardi di dollari in un anno per gli arsenali nucleari: una deriva verso il baratro

Nel 2024, il mondo ha speso 100,2 miliardi di dollari per le armi nucleari. È la cifra più alta mai registrata, pari a 3.169 dollari al secondo. In un solo anno, i nove Stati dotati di arsenali atomici – Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord – hanno aumentato dell’11% le risorse destinate alla minaccia atomica. In cinque anni l’aumento complessivo ha superato il 32%.

Non si tratta solo di numeri. Questo significa che ogni minuto del 2024 sono stati spesi 190.151 dollari per rendere il mondo più vulnerabile. Mentre si discute di pace nelle conferenze internazionali, il bilancio reale delle priorità parla il linguaggio delle armi.

Il peso degli Stati Uniti

Più della metà di questa spesa globale proviene da un unico Paese: gli Stati Uniti, con 56,8 miliardi di dollari, hanno investito più di tutti gli altri messi insieme. La Cina ha speso 12,5 miliardi, il Regno Unito 10,4. Seguono Francia (6,9 miliardi), Russia (8,1), India (2,6), Pakistan e Israele (entrambi 1,1), Corea del Nord (630 milioni).

Il paradosso è che tutto questo avviene mentre — come ricordava Papa Francesco — il mondo vive una “terza guerra mondiale a pezzi”, con conflitti aperti in Ucraina, Gaza, nel Caucaso, in Asia meridionale. In questo scenario, il rischio di un impiego nucleare è considerato il più alto dai tempi della Guerra Fredda.

Segreti, lobbisti e profitti

Il rapporto “Hidden Costsdell’Ican mette in luce la totale assenza di controllo democratico. In diversi Paesi, compresi quelli che ospitano testate straniere come l’Italia, i cittadini e spesso anche i parlamentari ignorano dove siano le bombe, quante siano, e quanto costino. Un’omertà strategica.

Nel 2024, almeno 26 aziende attive nella costruzione e manutenzione di armamenti nucleari hanno incassato 43,5 miliardi di dollari. Le stesse hanno investito 128 milioni in attività di lobbying solo negli Stati Uniti e in Francia. Nel Regno Unito hanno ottenuto 196 incontri con rappresentanti di governo, 18 dei quali direttamente con l’ufficio del Primo Ministro. Le armi si fabbricano nei consigli di amministrazione, si promuovono nei ministeri, si occultano nei bilanci statali.

Alternative che non si scelgono

Che cosa si sarebbe potuto fare con quei 100 miliardi? L’Ican prova a rispondere: si sarebbero potuti nutrire per quasi due anni i 345 milioni di persone a rischio fame nel mondo. Oppure finanziare per 28 anni l’intero bilancio annuale delle Nazioni Unite. Oppure ancora investire in ospedali, scuole, case. In sicurezza reale, non immaginaria.

La Francia, ad esempio, avrebbe potuto pagare due volte l’intero budget Onu. Israele avrebbe potuto coprirne un terzo. L’India avrebbe potuto coprire tre quarti del bilancio delle Nazioni Unite. La Russia avrebbe potuto salvarne l’intera struttura due volte. Ma si è preferito destinare quelle risorse alla produzione di ordigni progettati per uccidere su vasta scala.

Il mondo che dice no

A questo scenario si oppone la parte più grande – e silenziosa – del mondo. Novantotto Paesi hanno ratificato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, impegnandosi a non produrle, non ospitarle, non utilizzarle. Insieme a loro oltre 700 organizzazioni della società civile.

È una scelta di rottura con la logica della deterrenza, che continua a poggiare su minacce implicite di distruzione totale. È una scommessa sulla sopravvivenza. A 80 anni dai primi bombardamenti atomici, Ican ripete che “basta”: eliminare le armi nucleari è l’unico modo per evitare che siano loro a eliminare noi. È un bivio. E continuare a spendere miliardi per prepararci all’annientamento non è strategia: è follia.